United S.A.R.S. of Amerika

agosto 28, 2006

I padroni della S.A.R.S. – La vera storia del virus
per gentile concessione della rivista mensile “La Voce della Campania

Di Rita Pennarola

CHE LA TERZA GUERRA mondiale sarebbe cominciata “con uno starnuto” l’aveva già detto qualche anno fa un Bill Clinton in apparente vena di humour nero, ma in realtà con una lungimiranza che oggi fa ghiacciare il sangue. Perché la tremenda epidemia di SARS, la sindrome respiratoria acuta, definita anche polmonite atipica, potrebbe essere niente altro che un nuovo, premeditato e “preventivo” atto di quel conflitto planetario destinato a liberare il campo da ogni possibile antagonista o competitore dell’unica, invincibile superpotenza mondiale.
Mentre infatti la stampa ufficiale, controllata dai forti interessi economici transnazionali, si affretta a caricare di drammatici significati la «maledizione biblica» che ha colpito il popolo cinese, sul web si rincorrono articoli gravidi di indizi sul colossale «atto di guerra contro la Cina e i Paesi asiatici» lanciato dagli Stati Uniti a inizio del 2003, quasi in contemporanea con gli ultimatum che hanno preceduto per settimane l’aggressione all’Iraq.
Nonostante la fitta cortina di coperture giornalistiche, qualcosa comunque riesce a filtrare anche sulla stampa occidentale. Ha l’effetto dirompente di una bomba giornalistica, ad esempio, l’articolo che esce il 15 settembre dello scorso anno sul settimanale scozzese «Sunday Herald» a firma di Neil Mackay. Alla vigilia della grande offensiva lanciata contro Saddam Hussein, il giornalista porta per la prima volta alla luce su un mezzo di larga diffusione un documento che doveva rimanere segreto: il «Progetto per un nuovo Secolo americano» (finalizzato al dominio globale statunitense), messo a punto dallo staff di George W. Bush ancor prima che il boss texano diventasse presidente degli Stati Uniti, con l’’appoggio dei colossi petrolchimici americani. A redigere quel documento nel settembre 2000 (un anno esatto prima dell’attacco alle Torri Gemelle) furono, fra gli altri, l’attuale numero due di Bush Dick Cheney, il sottosegretario alla Difesa Donald Rumsfeld, il fratello del presidente Jeb Bush e Lewis Libby, un uomo ombra di Cheney, Sede del Progetto, definito in sigla PNAC, quella di un giornale di proprietà di Rupert Murdoch, l’uomo che di fatto concentra nelle sue mani il sistema dei media in America ed oltre, con propaggini spinte in Italia, grazie all’alleanza stretta con Silvio Berlusconi.
Ignorato dalla stampa nel nostro Paese, nonostante la pubblicazione sul popolare settimanale scozzese, quel documento al calor bianco è stato diffuso in italiano sul web dall’editrice di Bologna «Nuovi Mondi Media», collegata al sito militante «Information Guerrilla», diretto da Roberto Vignoli. Un’azione coraggiosa, che ha consentito ad alcuni segmenti maggiormente impegnati della società italiana di conoscere e far circolare quelle notizie. E’ il caso dello storico Franco Cardini, che proprio al delirante piano di Bush & C. per il controllo globale ha fatto un riferimento durante la puntata di «Porta a Porta» del 22 marzo scorso.

Morte alla Cina
Riletto oggi, a distanza di oltre sei mesi dalla prima pubblicazione sul «Sunday Herald», quel Progetto mostra in maniera netta quanto il controllo della Cina fosse per gli USA di Bush un obiettivo non più rinviabile, soprattutto dopo l’annessione delle risorse petrolifere del Golfo. E quali metodi già a settembre 2000 si stessero mettendo a punto per realizzarlo.
«In quel documento – scrive Mackay – si legge che “anche se Saddam dovesse uscire di scena, le basi nell’Arabia Saudita e nel Kuwait dovranno restare in maniera permanente – nonostante l’opposizione locale tra i regimi nei paesi del Golfo alla presenza di soldati americani – perché anche l’Iran potrà dimostrarsi una minaccia pari all’Iraq agli interessi statunitensi». Passando in Estremo Oriente, il Progetto «mette la Cina sotto i riflettori – continua il giornalista scozzese – per un “cambio di regime”, aggiungendo che “è arrivata l’ora di aumentare la presenza delle forze armate americane nell’Asia sudorientale”. Ciò potrebbe portare a una situazione in cui le forze americane e alleate forniscano la spinta al processo di democratizzazione in Cina».
Come realizzare questa “democratizzazione” della Cina, in crescita esponenziale sui mercati (+23 per cento l’anno) ed assai poco incline a lasciarsi colonizzare dai texani? E in che modo farlo senza aprire nuovi, palesi conflitti sotto gli occhi dell’opinione pubblica mondiale sconvolta dai massacri di civili inermi in Iraq? Lo spiega ancora il «Sunday», citando alcuni brani successivi di quel documento: «Gli USA – si legge nell’articolo – potrebbero prendere in seria considerazione, nei prossimi decenni, lo sviluppo di armi biologiche, che pure sono state messe al bando. Il testo dice: “nuovi metodi di attacco – elettronici, non letali, biologici – diventeranno sempre più possibili. Il combattimento si svolgerà in nuove dimensioni, nello spazio, nel ciberspazio, forse nel mondo dei microbi”». Più in dettaglio, sono previste «forme avanzate di guerra biologica in grado di prendere di mira genotipi specifici» e che «potranno trasformare la guerra biologica dal mondo del terrorismo in un’arma politicamente utile».
Quell’arma letale oggi si chiama SARS.
E proviene da un ceppo sconosciuto di coronavirus, frutto di un’abile clonazione tra l’agente patogeno del morbillo e quello della parotite epidemica. Un «mostro» d’ingegneria genetica, in grado di selezione esattamente il tipo di DNA da colpire (quello della razza asiatico-cinese), creato in laboratorio da esperti ai massimi livelli scientifici. Un esercito, insomma, di soldati invisibili, capaci di provocare lutti e devastazioni, ma anche crolli dell’economia nei Paesi in cui sono stati mandati a colpire.
Sergei Koleshnikov, dell’Accademia russa delle scienze mediche, nella prima settimana di aprile ha espresso analoghe convinzioni durante una conferenza tenuta ad Jrkutsk, in Siberia. «Un virus composto come quello responsabile della SARS – afferma l’accademico – non può formarsi spontaneamente in natura. Può essere creato solo in laboratorio». «E quando si creano armi batteriologiche – precisa inoltre – in genere allo stesso tempo si lavora sul vaccino». L’antidoto, dunque, sarebbe già bello e pronto. Ma verrà reso disponibile solo al momento “opportuno”.

Con AVI (BioPharma) si vola
25 aprile 2003. Secondo il piano di comunicazione messo a punto dalle multinazionali farmaceutiche che sostengono il governo Bush, scatta l’ora X. La macchina dell’informazione a stelle e strisce detta alla stampa internazionale le prime notizie sulla “scoperta” di un farmaco decisivo per combattere la polmonite atipica.
«USA: farmaco contro la SARS entro pochi mesi», titola a tutta pagina «Il Corriere della Sera». Riportando notizie diffuse dal «Times» di Londra, il quotidiano di via Solforino fa sapere che «i primi esperimenti effettuati dall’Istituto nazionale di Sanità statunitense su un vaccino realizzato dalla società americana AVI BioPharma dell’Oregon avrebbero confermato la capacità del preparato nell’uccidere il virus responsabile della polmonite atipica, tanto da spingere a realizzarlo entro le prossime due settimane».
Passaggi lampo, dunque, ben diversi da quelli cui è abituata l’opinione pubblica dopo una scoperta scientifica.
Qualcuno, insomma quell’antidoto doveva averlo già pronto nel cassetto da tempo. Del resto, risulta proprio una “specialità” dell’AVI BioPharma quella di selezionare catene di acido nucleico complementari rispetto a quelle del virus e in grado, quindi, di bloccarne la riproduzione. Il sistema «antisense», come viene chiamata questa tecnica, è presente nel materiale illustrativo della potente multinazionale già da numerosi anni.
Con sede a Portland, nell’Oregon, ed una produzione farmacologia basata sull’azione di contrasto a virus come quello dell’epatite C o la famiglia del mutante SARS, AVI già prima che l’epidemia da polmonite atipica fosse resa nota alla popolazione mondiale presentava per il 2003 un business plan da capogiro, con fatturati da oltre 1 miliardo di dollari per le sole attività connesse con alla cura dei coronavirus. Grasso che cola, quindi, l’esplosione della malattia. Al punto che il 25 aprile scorso «The Business Journal» di Portland riporta notizie sulla straordinaria performance del titolo AVI BioPharma (+37 per cento), dovuto all’efficacia delle terapie anti-SARS prodotte, precisando che anche la compravendita delle azioni si sta impennando, facendo segnare un +6,6 nell’arco di appena 24 ore.
Amministrata da Denis R. Burger ed Alan P. Timmins, presidente, la corazzata opera in partnership con investitors del calibro di Exelisis, DepoMed, XTL Biopharmaceuticals, Medtronic e SuperGen, tutte preveggenti sigle che negli ultimi anni hanno immesso nelle casse della società miliardi di dollari in danaro fresco. Nel 2001, nonostante sia stato l’anno “terribilis” delle Torri gemelle – si legge nella lettera rivolta agli azionisti – la sola Medtronics ha effettuato investimenti in AVI pari a ben 10 milioni di dollari, con opzioni per arrivare fino a 100.

Rath in campo
Componente di punta del Cartello petrolchimico statunitense, AVI fa la sua comparsa sulla stampa mondiale a fine aprile, come previsto dal «piano terroristico-mediatico» messo a punto dagli strateghi del governo americano con largo anticipo. A rivelarne i contorni è un medico tedesco, Matthias Rath, che pubblica un’intera pagina a pagamento riguardante i «Piani di guerra del Farmacartello» il 20 marzo scorso, sull’«Herald Tribune» e, due giorni dopo, sul «Corriere della Sera».
Attraverso il lungo comunicato, ma soprattutto scandagliando fra le pagine web della Dr. Rath Health Foundation, scopriamo che un libro uscito nel 1979, «Rockefeller Medicine Men: Medicine and Capitalism in America», del ricercatore Richard Brown, rivelava fin da allora le connection fra i trust farmaceutici ed il Rockefeller Group, colosso delle mediazioni finanziarie transplanetarie.
Intanto anche le notizie sui rapporti tra il Rockefeller Group e la famiglia Bush, oggi accuratamente coperte dai media, venivano apertamente riportate in un altro articolo di Sam Howe Verhovek apparso sul «New York Times» del 13 marzo 1998, alla vigilia della campagna presidenziale, e ripubblicato sul sito del dottor Rath. Una lunga inchiesta, dalla quale emerge, fra l’altro, il ruolo chiave svolto dal gruppo intitolato al magnate americano nella Commissione Trilaterale, vale a dire la supercupola statunitense composta dai vertici delle Forze Armate, magistratura, membri del governo in carica ed esponenti della CIA.
Per chiudere il cerchio, Rath indica che lo stesso Rockefeller Group non è solo la cassaforte finanziaria del monolite petrolchimico, ma anche il colosso che regge le sorti economiche dell’informazione, a cominciare dalla CNN. «E’ così – conclude il medico – che senza scrupoli hanno imposto la logica del «business with disease», disseminando il pianeta di guerre ed epidemie mortali».

MAI DIRE BLAIR
Le logiche del sistema petrolchimico spiegano anche, tra l’altro, i motivi reali dell’alleanza di ferro tra Bush ed il premier britannico Tony Blair, a capo di un Paese che é, dopo gli Usa, il secondo produttore mondiale di farmaci & affini. La circostanza, peraltro, veniva già chiaramente indicata dall’infausto Progetto per un nuovo secolo americano. Nel documento top secret il Regno Unito veniva infatti descritto come “il mezzo più efficace per esercitare un’egemonia globale americana”, mentre si precisava che le missioni militari per realizzare tale scopo “richiedono un’egemonia politica americana e non quella delle Nazioni Unite”. Un colpo “preventivo”, quindi, al cuore dell’ONU come organismo di pace. Nello stesso anno, il 1998, due fra i redattori del Progetto, Ramsfeld ed il teorico della destra spinta Paul Wolfowitz, scrissero a Bill Clinton esortandolo alla guerra contro l’Iraq e alla rimozione di Saddam Hussein, perché “rappresenta un pericolo per una significativa porzione dei rifornimenti mondiali di petrolio”.
Miguel Martinez, il giornalista che ha ripreso e diffuso il primo articolo del Sunday Herald, aggiunge che “già alla fine degli anni Cinquanta un vecchio conservatore, il presidente Eisenhower, metteva in guardia contro la struttura mostruosa che cominciava a dominare il suo Paese: una coalizione sempre più stretta fra immense imprese legate alle commesse militari, uno Stato che aveva come funzione principale la conduzione della guerra ed una sterminata catena di laboratori dove scienziati, sociologi, tecnici di ogni sorta lavoravano anno dopo anno per affinare gli strumenti del dominio”.

EMBARGO “TURISTICO”
Dopo le rivelazioni del periodico scozzese, una serie di interrogativi a cascata hanno affollato la mente dei pochi che, attraverso il web, si sono messi a lavorare per scambiarsi informazioni o interpretazioni capaci di completare il mostruoso puzzle di cui, purtroppo, tutte le principali tessere stanno trovando la loro “giusta” collocazione. Ci si chiede, ad esempio, se le propaggini canadesi dell’infezione rientrassero nel piano prestabilito, o se al contrario rappresentino un “incidente di percorso”.
Mancano, al momento, risposte attribuibili a fonti autorevoli. Ma le ipotesi lanciate sulla rete appaiono notevolmente verosimili. Ecco, ad esempio, alcune considerazioni pubblicate dal principale sito mondiale della galassia No Global, Indymedia: “Gli Usa e Israele – si legge in un circostanziato contributo diffuso lo scorso primo marzo – sono le uniche nazioni “occidentali” che non hanno attivato realmente quelle contromisure che sono state realizzate in tutto il mondo e persino in Italia a difesa di eventuali diffusioni del virus”.
A conferma di questa ipotesi si pone la notizia diffusa lo stesso giorno dalle agenzie internazionali e riportata in Italia da Repubblica: proprio nelle ore calde precedenti l’attacco in Iraq, e con la Sars alle porte, “l’amministrazione americana ha deciso di licenziare circa seimila addetti alla sicurezza negli aeroporti, pari all’11 per cento circa del totale, anche perché la minaccia terroristica sembra ora meno presente”.
Quanto al Canada, dove comunque esiste una vastissima comunità cinese, “é evidente – si legge ancora su Indymedia – che é stato punito per non aver partecipato ai crimini di guerra in Iraq, ma anche per essere una nazione che ha sempre dichiarato di fornire aiuti a Cuba”. Oggi risulterebbe vittima di quel fenomeno che in tanti ormai chiamano “embargo turistico”, con la cancellazione ufficiale, dopo le prescrizioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dalla lista dei Paesi in cui si può viaggiare senza rischi. E conseguente crollo dei fatturati connessi al gigantesco indotto turistico, così come sta accadendo alla Cina, a Taywan e alle Filippine.
Caduto sul fronte del conflitto batteriologico, l’epidemiologo marchigiano Carlo Urbani sarebbe la prima vittima illustre della guerra invisibile dichiarata dagli Stati Uniti contro la Cina e i Paesi non allineati. Molti dubbi circondano ancora alcuni aspetti della sua infezione e morte, a cominciare dal fatto che difficilmente un ricercatore del suo calibro avrebbe omesso le precauzioni rivelatesi in grado, oggi, di preservare le migliaia di medici ed infermieri impegnati nella cura degli ammalati Sars. Senza contare il fatto che, pur essendo Urbani uno scienziato di riferimento dell’OMS, solo dopo la sua morte é scattato ufficialmente l’allarme sul nuovo flagello. Quasi che si attendesse quel “la” per generare l’ondata di panico nella popolazione mondiale. E’ per questo, per tutto questo, che oggi il virus sta subendo una nuova “mutazione”, questa volta solo di carattere terminologico. Da Severe Acute Respiratory Syndrome a Sistema Amerikano Ridimensionamento Supereconomie. Prima tappa: la Cina.

Tratto da www.lavocedellacampania.it


Il CUFI: 50 milioni di evangelisti per sostenere Israele

agosto 28, 2006

Il nuovo movimento proisraeliano negli Stati Uniti
Il CUFI : 50 milioni di evangelisti per sostenere Israele
par Thierry Meyssan – tratto da Reseau Voltaire www.voltairenet.org/fr 

In un paese in cui i cittadini hanno abbandonato gli schieramenti politici per abbracciare chiese evangeliche, la formazione dell’opinione pubblica comincia con l’inquadramento dei fedeli. Mentre preparavano l’offensiva contro il Libano, il Pentagono e Tsahal, (l’esercito israeliano, ndT) organizzavano una federazione di cristiani sionisti, la CUFI , con la missione di trasformare 50 milioni di evangelici in militanti di guerra.
Per garantirsi il sostegno dell’opinione pubblica statunitense nella guerra contro il Libano – quindi alla Siria e Iran -, il Pentagono e Tsahal hanno realizzato una struttura di inquadramento, fin dalla fine 2005, per mobilitare 50 milioni di evangelici. L’asse centrale di quest’operazione è consistito nel federare i loro leader nell’ambito di una struttura i
deologica unica: Cristiani Uniti per Israele (CUFI). La funzione di questo nuovo gruppo non è di sostituirsi all’AIPAC (American Israel Public Affairs Committee) (1) in termini di pressione nella classe dirigente, ma di propagare la teologia sionista nelle chiese evangeliche e fare in modo che il sostegno alle offensive israeliane sia percepito dalla maggioranza di degli Stati Uniti come un dovere religioso.


Nel gennaio 2006 esce un lavoro: “Jerusalem Countdown: A Warning to the World… the Last Opportunity for Peace (Il conto alla rovescia di Gerusalemme: un allarme per il mondo… l’ultima occasione per la pace) (2). Diventa immediatamente e per tre mesi, il principale best-seller venduto in supermercato negli Stati Uniti.
Riassumiamo la sua opinione provando a restare seri: l’Iran è diretto da fanatici che vogliono cancellare Israele della carta lanciando una bomba atomica su Gerusalemme. Dopo l’invasione di Israele da parte dei musulmani ed i Russi, una seconda guerra per il controllo di Israele opporrà gli Stati Uniti da un lato, alla Cina e l’Unione europea dell’altra. È là che sorgerà l’Anticristo(3) sotto forma del presidente dell’Unione europea. Infine una terribile guerra atomica concluderà questo ciclo. La battaglia decisiva si terrà a Meggido (Armaggedon). Allora il Cristo radiante potrà ritornare su terra ricompensare coloro che hanno creduto in lui. Fortunatamente Tsahal ed il Pentagono possono fare pendere la bilancia dalla loro parte intervenendo preventivamente, anche utilizzando nuove bombe nucleari tattiche. Occorre dunque consegnare la guerra senza aspettare.
L’autore di questo best-seller militar-religioso è il pastore texano John Hagee, la nuova stella del cristianesimo sionista (4). 

Le origini del cristianesimo sioniste
Storicamente il sionismo è un fenomeno cristiano ben prima d’essere ebreo. I cristiani sionisti credono di formare un secondo popolo eletto e pensano che il loro destino sia legato a quello del popolo ebreo. Per loro, il ritorno del Cristo non si verificherà prima che gli ebrei si siano raccolti in Palestina. Per accelerare la fine dei tempi, devono dunque ricreare uno Stato per gli ebrei e non avere timore di causare cataclismi apocalittici. Il primo capo di Stato a fare del suo paese una seconda Israele e volere la creazione di uno Stato ebreo in Palestina è il puritano inglese Oliver Cromwell nel XVII° secolo. Dopo la restaurazione della monarchia, quelli dei suoi seguaci che furono cacciati del regno fuggirono in Irlanda del Nord e nei Paesi Bassi, quindi fondarono delle colonie in Africa australe ed in America. 

Questa corrente politico-religiosa non scomparve da tutta l’Inghilterra. Trovò anche una nuova espressione con il primo ministro della Regina Vittoria, Benjamin Disraeli, che è oggi il riferimento storico principale dei neo-conservatori. Tuttavia il rabbinato si è sempre fortemente opposto alla creazione d’uno stato ebraico. Quando l’occasione si era presentata nel XII° secolo, aveva rifiutato una proposta in questo senso da Saladin Il Magnifico e non aveva mai cambiato la sua valutazione (5). I cristiani sionisti dovettero attendere il XIX° secolo e il nazionalismo di Theodor Hertzl per trovare ebrei secolarizzati che accettassero i loro piani.
Come ha mostrato Jill Hamilton, la decisione di Llyod George e lord Arthur James Balfour nel 1917 di creare un “focolare nazionale ebreo” in Palestina, se ha dato luogo a numerose giustificazioni retoriche, il migliore risultato è l’avvicinamento tra cristiani sionisti e nazionalisti ebrei (6).

Tuttavia quest’alleanza urtava una contraddizione: l’antisemitismo cristiano. In effetti, i cristiani sionisti affermavano che alla fine dei tempi gli ebrei avrebbero dovuto convertirsi al Cristo o precipitavano all’inferno. In breve, un buono ebreo sarebbe un ebreo convertito al cristianesimo. In ogni caso, le unioni d’interesse a breve termine passarono prima di questo tipo di considerazione, diventarono anche una politica.
Nel corso della guerra dei Sei giorni (1967), Israele prese coscienza del peso elettorale delle sette evangeliche sioniste negli Stati Uniti ed iniziò a finanziare il loro capo, il pastore Jerry Falwell, co-fondatore del Moral Majority (7). Nel 1978, fu invitato a piantare alberi in “terra promessa” e diede il suo nome ad una foresta. Nel 1979, il governo israeliano gli offrì un jet privato per aiutarlo nel suo ministero religioso. Nel 1980, il primo ministro Menahem Begin gli appuntò solennemente a New York la medaglia prestigiosa Zeev Jabotinsky, dal nome del pensatore di estrema destra che fu il suo mentore e di cui il padre di Netanyahu fu il segretario.

Quest’alleanza è stata istituzionalizzata nel settembre 1980 in occasione del voto di una risoluzione allo Knesset (parlamento israeliano, ndT) che afferma – in violazione del diritto internazionale – che Gerusalemme è la capitale di Israele, Begin finanzia la creazione dell’ambasciata cristiana internazionale di Gerusalemme (International Christian Embassy Jerusalem). Quest’organismo sviluppa il turismo evangelico e raccoglie fondi presso i pellegrini in favore dell’immigrazione ebrea. Perciò, ha aperto un “consolato” in ogni Stato d’America.
Nell’agosto 1985, l ‘ambasciata organizza con le autorità del regime d’apartheid sudafricano il primo congresso mondiale dei cristiani sionisti (8). Si tiene a Basilea (Svizzera) nella sala in cui 98 anni prima Theodor Herzl creò il movimento ebreo sionista.

Nell’ottobre 2003, i cristiani sionisti sigillano la loro alleanza con i neo-conservatori in occasione del vertice di Gerusalemme, in presenza di Ehud Olmert e di Benjamin Netanyahu (9).
Infine, il 5 gennaio 2004, l ‘ufficio capo di Gerusalemme ha creato un gruppo ad hoc di 14 parlamentari dello Knesset, i Christian Allies Caucus (10).
Tutte quest’operazioni sono state condotte con l’aiuto di un’organizzazione discreta, Fellowship Foundation, che supervisiona e finanzia con discrezione dal Pentagono una miriade di chiese evangeliche nel mondo (11).

La teologia delle due alleanze
L’originalità del pastore John Hagee è di avere conciliato la fede evangelica alla realtà dello Stato di Israele. Fin dal 1988, afferma che gli ebrei che osservano la legge di Mosè saranno salvati senza doversi convertire al Cristo. È la «teologia delle due alleanze»: Dio ha concluso patti diversi con i suoi due popoli eletti, gli ebrei e gli evangelici. Il reverendo Hagee è stato inizialmente respinto da Jerry Falwell, quindi reintegrato nell’accordo cristiano sionista, di cui diventa oggi il portavoce (12). Questo percorso e questa innovazione ideologica fanno di lui l’uomo ideale per trasformare il movimento religioso sionista cristiano in un lobby di massa per Israele.

Il 7 febbraio 2006, il reverendo John Hagee organizza in Texas una riunione di 400 pastori evangelici statunitensi in previsione della creazione di una federazione dei cristiani sionisti. Simultaneamente, lancia con l’ambasciata cristiana una rivista bimestrale diffusa come supplemento dal Jerusalem Post, la JP Christian Edition.
Il Jerusalem Post è un quotidiano neo-conservatore diretto da Aviv Bushinsky, ex consulente in comunicazione e portavoce del primo ministro Benjamin Netanyahu. Il supplemento mescola articoli sul parco d’attrazione evangelica in Galilea e altri sulla minaccia iraniana, e i suoi bracci armati Hamas e Hezbollah. Vi si denunciano anche i professori universitari europei che analizzano la scrittura della bibbia nel suo contesto socio-storico e trattano Israele biblico come un mito. Lungi dall’essere un handicap per la sua nuova missione, l’estremismo del reverendo Hagee soddisfa i Likoudniks: non ha scritto un elogio dell’assassinio di Yitzhak Rabin, colpevole ai suoi occhi d’aver svenduto la “terra promessa”? (13)

La federazione dei cristiani sionisti nasce in occasione di un banchetto di 3.500 pastori e responsabili evangelici all’hotel Hilton di Washington… il 18 luglio 2006, cioè cinque giorni dopo l’inizio dell’offensiva israeliana contro il Libano. La Provvidenza fa bene le cose e questa è l’occasione di una mobilizzazione di tutte le organizzazioni evangeliche a favore di Tsahal. Al microfono, oltre al pastore Jerry Falwell, si succedono parlamentari statunitensi (i senatori Sam Brownback, John Cornyn, Kay-Bailey Hutchison et Rick Santorum, i rappresentanti Henry Bonilla), l’ambasciatore di Israele Daniel Ayalon e l’ex capo di stato maggiore il generale Moshé Yaalon. La nuova federazione prende il nome di Christians United for Israele (CUFI) (14).

Dalla folla, i parlamentari del CUFI realizzano Israel Allies Caucus alla Camera dei rappresentanti per fare accordi con i Christian Allies Caucus dello Knesset. Esso è copresieduto dal repubblicano Dave Weldon ed dal democratico Eliot Engel (15). Gruppi parlamentari identici sono in corso di formazione alle Filippine ed in Corea del Sud. Se il reverendo John Hagee è un predicatore di successo, a capo di un piccolo impero di comunicazione, non è la testa pensante del CUFI. La federazione cristiana sionista è diretta da David Brog, un assistente parlamentare sionista ebreo ed inoltre un cugino dell’ex primo ministro Israeliano Ehud Barak. Benché comprenda parlamentari democratici, la CUFI pesca quasi esclusivamente su territorio repubblicano. Mantiene evidentemente legami stretti con la Casa Bianca ed ha svolto un ruolo importante nell’adozione da parte del congresso di una risoluzione che «condanna i recenti attacchi contro lo Stato di Israele, che tiene i terroristi ed i loro stati sponsor come responsabili di quest’attacchi, e che sopporta il diritto di Israele all’autodifesa»(16). Testo redatto dall’AIPAC e votato con 410 voti contro 8 alla Camera dei Rappresentanti ed all’unanimità al Senato. Inoltre la CUFI ed Israel Allies Caucus hanno convinto 115 rappresentanti a scrivere al presidente Bush perché indurisca le sanzioni contro la Siria.

È David Brog che ha lanciato l’espressione “dolori del parto” a proposito del rimodellamento del Grande Medio Oriente, citando il vangelo secondo Matteo, capitolo 24.
Dalle guerre attuali, un mondo nuovo sorgerà. Gesù non ha detto: «Che molti verranno nel nome mio, dicendo: “Io sono il Cristo”; e travieranno dimolti. Perché dovrete sentire guerre e sentori di guerre. Guardate di non vi turbare. Che conviene ch’ogni cosa accada, ma non ancora la fine (…) e tutto ciò non farà che cominciare i dolori del parto». Un’espressione ormai ripresa da Condoleezza Rice per quegli evangelici aderenti alla politica neo-conservatrice (17).
«Israele fa il nostro lavoro e opera per i popoli liberi. I suoi nemici sono gli stessi nemici di quelli degli Stati Uniti. Si tratta di una battaglia che si iscrive in una guerra più ampia, quella contro la civilizzazione giudeo-cristiana delle forze del bene contro quelle del male (…) Israele è in prima linea nella guerra contro il terrorismo e possiamo soltanto sostenerlo», hanno dichiarato David Brog all’AFP, alcuni giorni fa(18).

Il principale lavoro di David Brog è di riunire ebrei e cristiani sionisti facendo dimenticare secoli d’antisemitismo cristiano (19). Non è facile in un paese che, due anni fa, applaudiva una pellicola di Mel Gibbson, “La passione del Cristo”, che rappresenta gli ebrei come deicidi (20). Nel maggio 2006, il sig. Brog ha pubblicato una libro: “Standing with Israele: Why Christians Support Israele” (Stare con Israele: perché i cristiani sostengono Israele) (21). Prendendo alcune libertà con la storia, vi afferma che i due popoli eletti si sono riconciliati quando gli Stati Uniti hanno superato il Terzo Reich ed hanno votato la creazione dello Stato di Israele.

L’impatto del CUFI
Il pastore John Hagee dispone di mezzi di comunicazione eccezionali. Produce due volte al giorno un talk-show diffuso da una delle tre grandi reti televangeliche al mondo, Trinity Broadcast Network (TBN). Questo programma, accessibile via satellite nel mondo intero è ricevuto da 92 milioni di case negli Stati Uniti. TBN è stata sempre legata ad Israele ed al governo sudafricano all’epoca dell’apartheid (22). Il reverendo Hagee può anche contare sulla casa editoriale del suo amico Steve Strang che pubblica il mensile Charisma
Inoltre John Hagee non ha problemi finanziari. Nel 2000, ha comperato un ranch a Brackettville (Texas) per 5,5 milioni di dollari gestito dal Texas Israel Agricultural Research Foundation. Può ricevere i suoi amici, i cui aerei atterrano sul suo aeroporto privato. Nel 2001, il salario di questo predicatore benedetto da Dio ammontava a 1,25 milioni di dollari (23)

Kevin Philips, che è considerato come uno dei migliori esperti di sociologia elettorale negli Stati Uniti, garantisce che l’amministrazione Bush si sostiene su tre gruppi sociali: la borghesia legata al petrolio, i fedeli evangelici, ed i pensionati che vivono a credito (24). L’inquadramento delle chiese evangeliche si è sostituita a quella dei partiti repubblicani, le evoluzioni teologiche sono determinanti per la politica di Washington
È troppo presto per affermare che l’obiettivo del CUFI è raggiunto. Tuttavia, di fronte agli eventi che insanguinano il Libano, il 68% degli Stati Uniti dichiara ai sondaggi che si sentono spontaneamente vicini ad Israele e 63% che l’amministrazione Bush deve proseguire o aumentare il suo sostegno militare a Tsahal (25).

Note:
[1] « Les fondamentalistes pour la guerre » par Thom Saint-Pierre, Voltaire, 3 avril 2003.
[2] Jerusalem Countdown : A Warning to the World…the Last Opportunity for Peace, par le révérend John Hagee, Frontline éd., 2006.
[3] Pour les chrétiens, l’Antechrist est un personnage qui doit venir avant (= ante) le Christ pour égarer les fidèles. Il est parfois appelé Antichrist pour souligner qu’il s’oppose (= anti) au Christ.
[4] « Pastor Strangelove » par Sarah Posner, American Prospect, 6 juin 2006.
[5] Les Croisades vues par les arabes par Amin Maalouf, j’ai lu, 1999.
[6] God, Gunns and Israel  : Britain , the First World War and the Jews in the Holy Land , par Jill Hamilton, Sutton Publishing, 2004.
[7] Jerry Falwell : An Unauthorized Profile, par William Goodman et James Price, Lynchburg , 1981.
[8] Prophecy and Politics, Militant Evangelists on the Road to Nuclear War, par Grace Halsell, Lawrence Hill & Company, 1986. L’auteur, qui a assisté au congrès en qualité de journaliste, était l’ancienne rédactrice des discours du président Johnson.
[9] « Sommet historique pour sceller l’Alliance des guerriers de Dieu », Voltaire, 17 octobre 2003.
[10] « The Judeo-Christian Alliance – Is the Messianic Era Beginning ? » Par Victor Mordechai, Israel Today Magazine, 16 février 2004. Le caucus est présidé par le député Yuri Shtern, l’un des membres du Bureau du Sommet de de Jérusalem.
[11] À ce sujet on se reportera aux trois présentations délivrées à la conférence Axis for Peace à propos de la percée évangélique en Amérique latine, dans le monde arabe, et en Afrique noire. Dont « Les Églises évangéliques et le jeu des États-Unis dans le monde arabe » par Charles Saint-Prot, Voltaire, 14 novembre 2005.
[12] La condamnation d’Hagee est publiée par Falwell dans Liberty Flame du 6 mai 1994 sous le titre « John Hagee : Heretic ? » Au passage, elle donne lieu à une critique de la vie privée du révérend Hagee qui divorca de sa première femme pour épouser une adolescente. Sa réhabilitation a lieu à l’occasion d’un meeting de la Liberty University , le 4 juillet 2002. Voir « Falwell festivities have surprise guest, » par Julia Duin, The Washington Times, 3 juillet 2002 ; et « Old foes Falwell, Hagee defuse fireworks ar ‘old-fashioned fourth’ », Church and State, septembre 2002.
[13] in The Beginning of the End, par John Hagee, STL, 1996.
[14] « Christian group to advocate more support for Israel  » par Julia Duin, The Washington Times, 13 juillet 2006. « Evangelical Christians plead for Israel  » par Richard Allen Greene, BBC, 19 juillet 2006.
[15] « Congress forms Israel Allies Caucus » par Etgar Lefkovits, The Jerusalem Post, 27 juillet 2006.
[16] Résolution HR 921 du 20 juillet 2006.
[17] « Les néo-conservateurs et la politique du « chaos constructeur » par Thierry Meyssan, Voltaire, 25 juillet 2006.
[18] « Pour des évangélistes, la guerre au Proche-Orient est “entre le Bien et le Mal” », AFP, 11 août 2006.
[19] « Birth Pangs of a New Christian Zionism » par Max Blumenthal, The Nation, 8 août 2006.
[20] « L’implosion de l’alliance judéo-chrétienne », Voltaire, 23 février 2004.
[21] Standing with Israel : Why Christians Support Israel, par David Brog, Frontline, 2006.
[22] Spiritual Warfare, The Politics of the Christian Right, par Sara Diamond, South End Press, 1989.
[23] « Critics say John Hagee’s compensation is too high » par Analisa Nazareno, San Antonio Express-News, 20 juin 2003.
[24] American Theocracy : The Peril and Politics of Radical Religion, Oil, and Borrowed Money in the 21st Century, par Kevin Phililips, Viking, 2006. Kevin Phillips est l’ancien conseiller électoral du président Nixon.
[25] Sondage CNN réalisé les 2 et 3 août 2006


Messico: repressione a Oaxaca

agosto 28, 2006

Messico: repressione a Oaxaca

“Se non c’è la volontà di trovare delle soluzioni noi andremo avanti per la nostra strada”.

Lo avevano annunciato, durante l’assemblea statale della sezione 22 del Sindacato Nazionale dei Lavoratori dell’Educazione (SNTE), in tanti tra i maestri che in sciopero da ormai 23 giorni presidiavano la piazza principale di Oaxaca, dopo aver bloccato nei giorni scorsi centri commerciali, mercati, stazioni di autobus e dopo aver annunciato il boicottaggio delle elezioni presidenziali del prossimo 2 luglio.

All’alba di mercoledi 14 la risposta violentissima delle istituzioni guidate dal governatore dello stato di Oaxaca Ulises Ruiz Ortiz non si è fatta attendere: il presidio dei maestri è stato violentemente sgomberato dal centro storico della città.
Qualche settimana dopo le violenze di Atenco ci si chiedeva a chi sarebbe toccato? Ecco la risposta dei maestri della repressione messicana che grazie all’intervento congiunto di diversi corpi di polizia, secondo le ultime ricostruzioni della Rete per i Diritti Umani di Oaxaca ha causato la morte di 6 persone e decine di feriti e intossicati dai gas lacrimogeni, arresti indiscriminati, violenze e una devastazione che ha colpito anche Radio Plantón.
Il fronte dei maestri e delle organizzazioni sociali che si sono mobilitate ha provato a resistere agli attacchi e a difendere il presidio nella piazza del Municipio e nelle strade vicine, nonostante si trovassero di fronte un vero e proprio, anche se non dichiarato, “Stato di guerra”. Intanto il castello repressivo messo a punto già ad Atenco e che prevede la partecipazione di potere politico, militare e giudiziario uniti in un fronte comune, magari spalleggiati dai media viene riproposto: le autorità per bocca della procurartice Caña Cabeza ancora negano che gli agenti siano intervenuti sparando con armi da fuoco, nonostante le fotografie, le immagini televisive e i giornalisti presenti affermino il contrario.

L’ ultima denuncia di un testimone oculare parla di diversi camioncini carichi di gente del posto che ha ricevuto uniformi dalle forze di polizia: si teme che possa essere un segnale di ulteriori “arruolamenti” in vista di nuovi scontri.


LA STORIA UFFICIALE E’ UN VELO PER NASCONDERLO: HITLER ERA UN ROTHSCHILD

agosto 28, 2006

LA STORIA UFFICIALE E’ UN VELO PER NASCONDERE LA VERITA’ DI CIO’ CHE REALMENTE ACCADE.
Quando il velo viene sollevato, ci accorgiamo non solo che la versione ufficiale è sbagliata, ma che lo è al 100%.

Prendete ad esempio i Rothschild.
Questa famiglia era anticamente nota, tra i tanti nomi, con quello di Bauer, e fu una delle tante famiglie note che praticavano l’occultismo nel MedioEvo Tedesco.

Presero il nome di Rothscild, che significa “Scudo Rosso” o esagramma stella di David, che si trovava sulla loro casa-villa a Francoforte.

La stella di David o Sigillo di Salomone ( prox libro di Dan Brown NdP301) è un antico simbolo esoterico associato poi agli ebrei da quando lo prese Rothschild. Esso non rappresenta alcun riferimento nè a David nè a Salomone, come confermano fonti ebraiche.
I Rothschild sono una delle famiglie dell’Elite degli Illuminati. A capo vi è Guy Rothschild.
Guy R. è uno dei più illustri manipolatori mentali del pianeta, come dimostrato da innumerevoli superstiti, tra cui donne e bambini.

I Riti Satanici sono una delle sue peculiarità, Dio solo sa quanti bambini sono scomparsi durante essi. Se ciò è privo di fondamento, IO sfido Rothschild a denunciarmi e dimostrarmi il contrario in tribunale. Egli è un multimiliardario che controlla comunicazioni e tribunali. In confronto io sono nessuno.

Andiamo Mr Rothschild esci dall’arena e portami in tribunale, dai fammi contento!
Già sento voci che si levano per accusarmi di “antisemitismo” perchè i Rothschild si proclamano “ebrei”.

Ma sapete che i Rothschild hanno mosso organizzazioni come la Lega Anti Diffamazioni e la B’nai B’rith letteralmente significa “Figli dell’Alleanza” per mettere a tacere questi voci? Non fatemi ridere. Amo gli ebrei come i negri e tutti gli altri, odio viceversa chi sfrutta queste menzogne.

Da notare che queste org. sono di proprietà dei Rothschild, la B’B fu fondata dai Roth nel 1843 per distruggere e diffamare a sua volta chiunque avesse osato condurre oneste ricerche.

Molti dei suoi portavoce hanno apertamente sostenuto che la Guerra civile americana avrebbe portato a condannare i leader neri chiamandoli antisemiti o razzisti. Ogni anno la Lega Antidiff consegna il premio Torcia della Libertà(tipico simbolo degli Illuminati)a chi ritiene meglio abbia sostenuto il ruolo di suo sostenitore. Un anno fu consegnato a Morris Dalitz, uomo vicino al sindacato del crimine di Mayer Lansky che ha terrorizzato l’America.
Scelta perfetta.

MA ALLORA CHI ERA HITLER?

Naturalmente i sentimenti che animano l’accesa condanna nei confronti dei gruppi antisemiti di oggi risale alla persecuzione ebraica ad opera del nazismo e di Adolf Hitler.
Basta fare indagini o sollevare le riserve sui Rothschild o su altri ebrei o organizzazioni per essere bollato come nazi.

Eppure è stato dimostrato in tanti libri e da un’infinita di studiosi, che Adolf Hitler e i nazisti sono stati creati e finanziati dai Rothschild.

Furono loro che organizzarono l’ascesa al potere di Hitler attraverso società segrete a capo degli Illuminati presenti in Germania, come la Società Thule, la Società Vril e altre; furono i Rothschild a finanziare Hitler attraverso la Banca d’Inghilterra e altre fonti sono la Banca Kuhn Loeb, che finanziò anche la Rivoluzione Russa. Il cuore della macchina da guerra di Hitler fu il genio chimico I.G.Farben. Anch’egli controllato dai Rothschild tramite società finanziarie, attraverso i valletti dei Warburg.

La Standard Oil dei Warburg gestiva Aushwitz, ma era ufficialmente dei Rockefeller (l’impero Rockefeller era stato creato, tra gli altri, dai Rothschild). Essi possedevano anche i mezzi di comunicazione, e così controllavano il flusso di notizie date al pubblico.

Guarda caso le loro proprietà non erano state sfiorate da una bomba in tutta la guerra! Altre fabbriche lì vicino erano state demolite dai raid aerei.

Quindi dietro la forza di Hitler vi era la mano sapiente dei Rothschild, proprio coloro che nel mondo sostengono la razza ebraica… Gli ebrei sono per loro, come tutto il resto della popolazione, solo bestiame da usare e muovere a proprio vantaggio. Ma attenti Hitler non poteva appartenere alla famiglia Rothschild perchè ha massacrato quel popolo, insieme a zingari e comunisti e chi non gli piaceva, mentre i Rothschild difendono quel popolo facendone parte, e quindi, mai avrebbero fatto un orrore del genere.

Oh, davvero?

Non solo Hitler fu sostenuto dai Rothschild, ma diverse prove dicono che lui fosse un Rothschild.Tra cui il libro dello psicanalista Walter Langer, The mind of Hitler.
Questo calza a pennello sulla propaganda organizzata dagli Illuminati per spianare la strada al potere ad Adolf Hitler.

Egli venne sostenuto anche dai Windsor (in realtà casata tedesca dei Sassonia-Coburgo- Gotha), e tra questi figurava Lord Mountbatten, un Rothschild, un satanista. I dati sul legame tra nazisti-britannici devono ancora emergere del tutto, ma uno studioso di nome Langer ha scritto:

“Il padre di Adolf, Alois Hitler, era figlio illegittimo di Maria Anna Schiklgruber. Si pensava fosse Georg Hiedler. Ma (…)ciò è altamente improbabile(in Austria era saltato fuori un documento)(…)che dimostra che Maria Anna S. fosse a Vienna al momento del concepimento. A quel tempo era la domestica del barone Rothschild. Non appena scoperta la sua gravidanza fu cacciata…e nacque Alois”. Le informazioni di Langer provengono da un alto ufficiale della Gestapo, Hansjurgen Koelher, e furono pubblicate nel 1940 col titolo Inside the Gestapo.

Quel fascicolo scrisse “provocò tanto scompiglio quanto mai prima”. Egli rivelò anche che:

“(…)Attraverso quei fascicoli scoprimmo tramite certificato di nascita, scheda di registrazione della polizia, i protocolli ecc, alcune cose che il cancelliere tedesco riuscì a ricomporre come un puzzle, dandogli una coerenza logica”.

“Una giovane serva (la nonna di Hitler)arrivò a Vienna e divenne domestica presso alcune delle famiglie più potenti e ricche di Vienna. Ma, sfortunata, venne sedotta e abbandonata mentre aspettava un bambino e venne rispedita al villaggio natale…

Qual era la famiglia viennese presso cui lavorava? Non era una domanda poi così difficile.

A Vienna era già da tempo in funzione un registratore obbligatorio presso il commissariato di polizia, ella lavorava presso i…Rothschild (ma dai!? P301) e il nonno ignoto di Hitler doveva trovarsi in quella casa. Il fascicolo Dolfuss si fermava a questa osservazione”.

Forse Hitler era così determinato a conquistare l’Austria per distruggere ogni traccia del suo retaggio?

“Mi pare che Hitler conoscesse le sue origini ancor prima di diventare Cancelliere.
Come suo padre, quando il gioco si fece duro, si trasferì a Vienna; poco dopo la morte della madre nel dicembre 1907, Adolf partì per Vienna. Pare che là abbia fatto perdere ogni sua traccia per 10 mesi! Ciò che fece in quel periodo è un mistero, ma noi possiamo presupporre che si fosse intrattenuto a conoscere i suoi cugini e per valutare il suo potenziale in vista di future eventuali imprese”.

Philip Eugene de Rothschild, sostiene di essere un discendente dei Roth come lo fu Hitler o altre migliaia di persone cresciute e allevate da essi, prima di essere affidati a famiglie di facciata, al fine di ricoprire posizioni di privilegio sotto falso nome e illegittimamente.

Ma quale dei Rothschild era il nonno di Hitler?

Alois, il padre nacque nel 1837 nel periodo in cui Salomon Mayer era l’unico Rothschild che viveva a Vienna. Persino la moglie era tornata a Francoforte dopo il fallimento del loro matrimonio.

Il loro figlio, Anselm Salomon, trascorse la maggior parte della sua vita lavorativa tra Parigi e Francoforte, lontano da Vienna e dal padre.

Così, il vecchio e solo Salomon Mayer Rothschild è il sospettato numero 1.

E Hermann von Goldschmidt, figlio di un impiegato di Salomon Mayer, scrisse un libro pubblicato nel 1917, che riporta a proposito si Solomon: “…dal 1840 aveva sviluppato un particolare entusiasmo per le giovinette”…e…”aveva una passione lasciva per le bambine, e le sue avventure con loro furono messe a tacere dalla polizia”.

La nonna di Hitler era una giovane ragazza che lavorava sotto quello stesso tetto e che divenne ben presto oggetto delle attenzioni e voglie di Mr Salomon.E rimase incinta proprio mentre era in servizio in quella casa.

Suo nipote divenne cancelliere tedesco, grazie all’appoggio finanziario dei Rothschild, e diede inizio alla Seconda Guerra Mondiale che fu così centrale per il piano globale degli Illuminati.

Fonte : C30


La guerra al Libano e la battaglia per il petrolio

agosto 28, 2006

di Michel Chossudovsky* – Global Research
Tratto da www.comedonchisciotte.org


C’è forse una relazione tra il bombardamento del Libano e l’inaugurazione del più grande oleodotto strategico del mondo, che trasporterà oltre un milione di barili di petrolio al giorno ai mercati occidentali?
Virtualmente ignota, l’inaugurazione dell’oleodotto Ceyhan-Tbilisi-Baku (BTC), che collega il Mar Caspio al Mediterraneo Orientale, ha avuto luogo il 13 luglio, all’inizio dei bombardamenti israeliani in Libano.
Un giorno prima degli attacchi aerei israeliani, i principali partner ed azionari del progetto BTC, tra cui molti capi di stato e quadri di compagnie petrolifere, erano in attesa al porto di Ceyhan. Poi sono stati precipitati ad un ricevimento inaugurale ad Instanbul, patrocinato dal presidente turco Ahmet Necdet Sezer nei lussuosi dintorni del Palazzo Çýraðan.
In attesa c’era anche l’amministratore delegato della British Petroleum (BP), Lord Browne, insieme ad alti funzionari dei governi di Gran Bretagna, Stati Uniti ed Israele. La BP guida il consorzio dell’oleodotto BTC. Tra gli altri principali azionisti occidentali ci sono Chevron, Conoco-Phillips, Total (Francia) ed ‘ENI (Italia). (vedi Annesso).
Il ministro dell’energia e delle infrastrutture israeliano Binyamin Ben-Eliezer era presente insieme ad una delegazione di alti funzionari israeliani del settore petrolifero.
L’oleodotto BTC elude del tutto il territorio della Federazione Russa. Transita lungo le ex repubbliche sovietiche dell’Azerbaijan e della Georgia, entrambe le quali sono diventate “protettorati” degli Stati Uniti, fortemente integrate in un’alleanza militare con gli Usa e la NATO. Inoltre, sia l’Azerbaijan che la Georgia hanno accordi di cooperazione militare a lungo termine con Israele. Nel 2005, le compagnie georgiane hanno ricevuto circa 24 milioni di dollari in contratti finanziati al di fuori dell’assistenza militare statunitense ad Israele secondo il cosiddetto “programma di finanziamento militare straniero”.

http://www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/states/GA.html

Israele ha una quota nei campi petroliferi azeri, dai quali importa circa il venti percento del suo petrolio. L’apertura dell’oleodotto aumenterà in modo sostanziale le importazioni petrolifere israeliane dal bacino del Mar Caspio. Ma c’è un’altra dimensione che si correla direttamente alla guerra in Libano. Laddove la Russia è stata indebolita, Israele ha buone possibilità di giocare un ruolo strategico importante nel “proteggere” il trasporto e i corridoi dell’oleodotto nel Mediterraneo Orientale fuori da Ceyhan.

La militarizzazione del Mediterraneo Orientale
Il bombardamento del Libano è parte di una road map militare attentamente pianificata e coordinata. L’estensione della guerra alla Siria e all’Iran è già stata contemplata dai pianificatori di guerra statunitensi ed israeliani. La più vasta agenda militare è intimamente connessa al ruolo strategico del petrolio e degli oleodotti. Ed è sostenuta dai giganti petroliferi occidentali che controllano i corridoi petroliferi. In ultima analisi, la guerra mira al controllo territoriale sulla linea costiera del Mediterraneo orientale.
In questo contesto, l’oleodotto BTC, controllato dalla British Petroleum, ha cambiato drammaticamente la geo-politica del Mediterraneo Orientale, che è ora collegata, mediante un corridoio energetico, al bacino del Mar Caspio.

“[L’oleodotto BTC] cambia considerevolmente lo status dei paesi della regione e cementa una nuova alleanza pro-Occidente. Avendo collegato l’oleodotto al Mediterraneo, Washington ha praticamente creato un nuovo blocco con Azerbaijan, Georgia, Turchia ed Israele” (Komerzant, Mosca, 14 luglio 2006).

Israele fa ora parte del asse militare anglo-statunitense, che serve gli interessi dei giganti petroliferi occidentali in Medio Oriente e nell’Asia Centrale.
Mentre i rapporti ufficiali dichiarano che l’oleodotto BTC “porterà petrolio ai mercati occidentali”, quello che viene raramente riconosciuto è che parte di quel petrolio dal Mar Caspio sarà direttamente incanalato verso Israele. A riguardo, è stato previsto che un progetto di oleodotto subacqueo israelo-turco collegherebbe Ceyhan al porto israeliano di Ashkelon e da lì, mediante il principale sistema di trasporto petrolifero israeliano, al Mar Rosso.
L’obbiettivo di Israele non è solo acquisire petrolio del Mar Caspio per il proprio consumo interno, ma anche giocare un ruolo chiave nella ri-esportazione del petrolio dal Mar Caspio verso i mercati asiatici lungo il porto di Eilat sul Mar Rosso. Le implicazioni strategiche di questo re-indirizzamento del petrolio dal Mar Caspio sono di vasta portata.
E’ previsto il collegamento dell’oleodotto BTC all’oleodotto trans-israeliano Eilat-Ashkelon, anche noto come Tipline Israeliano, che va da Ceyhan al porto israeliano di Ashkelon. Nell’aprile 2006, Israele e Turchia hanno annunciato piani per oleodotti subacquei, che eviterebbero il territorio siriano e libanese.

“Turchia e Israele stanno negoziando la costruzione di un progetto energetico ed idrico multi miliardario che trasporterà acqua, elettricità, gas naturale e petrolio mediante dei condotti diretti verso Israele, con il petrolio da trasportare ancora più in là, da Israele al Lontano Oriente.
La nuova proposta israelo-turca in discussione vedrebbe il trasferimento di acqua, elettricità, gas naturale e petrolio ad Israele mediante quattro oleodotti subacquei.
http://www.jpost.com/servlet/Satellite?cid=1145961328841&pagename=JPost%2FJPArticle%2FShowFull
Il petrolio di Baku può essere trasportato ad Ashkelon grazie a questo nuovo oleodotto e all’India e al Lontano Oriente [lungo il Mar Rosso]
“Ceyhan e il porto mediterraneo di Ashkelon sono situati a solo 400 km di distanza. Il petrolio può essere trasportato alla città in cisterne o mediante un oleodotto subacqueo appositamente costruito. Da Ashkelon il petrolio può essere pompato grazie ad un oleodotto già esistente al porto di Eilat sul Mar Rosso; e da lì all’India e ad altri paesi asiatici con delle cisterne (REGNUM)”.


L’acqua per Israele
In questo progetto è coinvolto anche un oleodotto che porta acqua ad Israele, pompandola dalle riserve a monte del Tigri e dell’Eufrate in Anatolia. Questo è stato a lungo un obbiettivo strategico di Israele per il detrimento della Siria e dell’Iraq. L’agenda di Israele riguardo l’acqua è sostenuta dall’accordo di cooperazione militare tra Tel Aviv ed Ankara.

Il re-indirizzamento del petrolio dell’Asia Centrale
Stornare il petrolio e il gas dell’Asia Centrale verso il Mediterraneo Orientale (sotto la protezione militare israeliana) per il re-export all’Asia serve a minare il mercato energetico inter-asiatico, che è basato sullo sviluppo di corridoi petroliferi diretti che collegano l’Asia Centrale alla Russia e all’Asia del Sud, la Cina e il Lontano Oriente.
In ultima analisi, il progetto vuole indebolire il ruolo della Russia in Asia Centrale e tagliare fuori la Cina dalle riserve petrolifere della regione. Ha anche lo scopo di isolare l’Iran.
Nel frattempo, Israele è emerso come nuovo e potente giocatore nel mercato energetico globale.

La presenza militare russa in Medio Oriente
Contemporaneamente, Mosca ha risposto al progetto israelo-turco di militarizzare la linea costiera del Mediterraneo Orientale con dei piani per stabilire una base navale russa nel porto siriano di Tartus:
“Fonti nel ministero della difesa rivelano che la base navale a Tartus permetterà alla Russia di solidificare le proprie posizioni in Medio Oriente e assicurerà la sicurezza della Siria. Mosca intende dispiegare un sistema di difesa aereo attorno alla base – per fornire protezione aerea alla base stessa e ad una parte consistente del territorio siriano (i sistemi S-300PMU-2 non saranno ceduti ai Siriani. Saranno in dotazione e manutenzione del personale russo)
(Kommerzant, 2 giugno 2006 http://www.globalresearch.ca/index.php?context=viewArticle&code=IVA20060728&articleId=2847

Tartus è strategicamente situata a 30 km dal confine libanese.
Inoltre, Mosca e Damasco hanno raggiunto un accordo sulla modernizzazione delle difese aeree siriane e su un programma a sostegno delle proprie forze di terra, la modernizzazione dei caccia MIG-29 e dei sottomarini. (Kommerzant, 2 giugno 2006). Nel contesto di un conflitto in escalation, questi sviluppi hanno ampie implicazioni.

Guerra ed oleodotti
Prima del bombardamento del Libano, Israele e Turchia avevano annunciato oleodotti subacquei che evitassero la Siria e il Libano. Questi oleodotti non violerebbero apertamente la sovranità territoriale del Libano e della Siria.
D’altra parte, lo sviluppo di corridoi terrestri alternativi (per il petrolio e l’acqua) attraverso il Libano e la Siria richiederebbe il controllo territoriale israelo-turco sulla linea costiera del Mediterraneo Orientale via Libano e Siria.
L’implementazione di questo progetto richiede la militarizzazione della linea costiera del Mediterraneo Orientale, strade marine e rotte terrestri, estendendosi dal porto di Ceyhan attraverso Siria e Libano fino al confine israelo-libanese.
Non è forse questo uno degli obbiettivi segreti della guerra in Libano? Aprire uno spazio che permetta ad Israele di controllare un ampio territorio che va dal confine libanese attraverso Siria e Turchia.

“La lunga guerra”
Il primo ministro israeliano Ehud Olmert ha dichiarato che l’offensiva israeliana contro il Libano “durerà molto a lungo”. Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno accelerato i carichi di armi verso Israele.
Ci sono obbiettivi strategici sottesi alla “Lunga Guerra”, connessi al petrolio e agli oleodotti.
La campagna aerea contro il Libano è inestricabilmente legata agli obbiettivi strategici israelo-statunitensi nel più vasto Medio Oriente, che include Siria ed Iran. In recenti sviluppi, la segretaria di stato Usa Condoleeza Rice ha dichiarato che il principale obbiettivo della sua missione in Medio Oriente non era sollecitare un cessate il fuoco in Libano, ma piuttosto isolare la Siria e l’Iran (Daily Telegraph, 22 luglio 2006).
In questo particolare momento, il rifornimento degli arsenali israeliani con armi di distruzione di massa prodotte negli Stati Uniti punta ad un’escalation della guerra sia all’interno che all’esterno dei confini libanesi.

Annesso
Gli azionisti della BTC Co. sono: BP (30.1%); AzBTC (25.00%); Chevron (8.90%); Statoil (8.71%); TPAO (6.53%); Eni (5.00%); Total (5.00%), Itochu (3.40%); INPEX (2.50%), ConocoPhillips (2.50%) e Amerada Hess (2.36%). (Fonte: BP)

 

© Mappa di Eric Waddell, Global Research, 2003.
Per dettagli sulla campagna contro l’oleodotto, vedi: http://www.bakuceyhan.org.uk/more_info/bp_pipeline.htm
Michel Chossudovsky
Fonte: http://www.globalresearch.ca/
Link
26.07.2006
Scelto e tradotto per http://www.comedonchisciotte.org da CARLO MARTINI

 

* Michel Chossudovsky è professore di economia all’università di Ottawa.
Ha svolto funzioni di consigliere economico per governi di paesi in via di sviluppo e per numerose organizzazioni internazionali compreso il programma di sviluppo di Nazioni Unite (UNDP), la Banca di sviluppo africana, l’istituto africano delle Nazioni Unite per sviluppo economico e la progettazione (AIEDEP), il fondo monetario della popolazione delle Nazioni Unite (UNFPA), l’organizzazione internazionale del Lavoro (ILO), l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), la Commissione economica delle Nazioni Unite per l’america latina ed i Caraibi (ECLAC). Chossudovsky è presidente dell’associazione canadese degli studi dei Caraibi e dell’America latina. ب membro di un certo numero di organismi di ricerca compreso il comitato della riforma monetaria ed economica (COMER), la vigilanza geopolitica della droga (OGD) e del Consiglio internazionale di salute della gente (IPHC).
Chossudovsky ha partecipato a molte tribune internazionali sui Balcani, indicando il ruolo criminale del cosiddetto esercito di liberazione del Kosovo, dei relativi legami con gli STATI UNITI, i servizi segreti tedeschi e la NATO.
Dietro le quinte degli interventi in Bosnia, Cecenia, Kosovo, Afghanistan, Kashmir, Chossudovsky ricostruisce una trama sottile di interessi privati che mirano, in realtà, a estendere il sistema del mercato globale aprendo nuove frontiere economiche ai capitali statunitensi e alimentando la crescita del complesso militare-industriale americano.
Con precisione meticolosa, l’autore ci mette in guardia sui prevedibili sviluppi dell’attuale politica estera americano, dove veri e propri atti di guerra sono annunciati come interventi umanitari; l’occupazione militare e l’uccisione di civili diventano operazioni di peacekeeping e persino la revoca di alcune libertà civili è vista come un mezzo indispensabile per assicurare la sicurezza interna. [Guerra e globalizzazione, Le verità dietro l’11 settembre e la nuova politica americana; EGA editrice]
Michel Chossudovsky is the author of the international best-seller “The Globalisation of Poverty” published in eleven languares.
Chossudovsky collabora con Le Monde diplomatique, Thirld World Resurgence and Covert Action Quarterly


Magdi Allam e i predicatori dell’odio

agosto 28, 2006

Marcello Pamio – 21 agosto 2006
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«Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario»
George Orwell

Finalmente i quotidiani nazionali si occupano di noi! Dopo anni di silenzio mediatico e innumerevoli “furti” di articoli senza alcuna citazione, qualcuno ci ha notato! Non è proprio un qualcuno qualsiasi, visto che si tratta del Corsera, il quotidiano più letto in Italia.
A pagina 11 (numero molto interessante) dell’edizione domenicale di ieri 20 agosto 2006, il grande giornalista indipendente Magdi Allam, l’arabo moderato per antonomasia, cita il nostro sito! Il vice direttore de “Il Corriere della Sera” ci manda i suoi saluti in un articolo dal titolo emblematico: “Sono i predicatori dell’odio. Ma lo Stato li ha legittimati”.

Sappiamo molto bene che qui da noi lavorano giornalisti collegati con i servizi, e il caso Farina (vicedirettore di “Libero”) altro non è che la punta dell’iceberg.
Sappiamo molto bene che ci sono collegamenti (economici ma non solo) tra questi signori (che dovrebbero essere al servizio dell’informazione indipendente) e l’intelligence di altri paesi: in particolare Cia e Mossad…
E sappiamo altrettanto bene qual è il lavoro (vero) che alcuni di questi giornalisti portano avanti dall’interno dei media nazionali: travestiti da “esperti”, da “editorialisti”, da “commentatori” non fanno altro che fomentare l’odio e lo scontro di civiltà. E ci riescono così bene che ipocriticamente si permettono di attaccare coloro che presentano l’altra campana della verità, quella che loro stessi affondano ogni volta che scrivono e ogni volta che parlano nei tiggì!

Siamo convinti che per comprendere il quadro nel suo insieme è necessario avere anche l’altra parte dell’informazione, quella parte tanto scomoda al Sistema perché destabilizzante.
Avendo solamente a disposizione una sola fonte (cioè quella fornita dai media allineati. Tutti) non è possibile farsi una idea completa e soprattutto oggettiva degli accadimenti; al contrario, la nostra visuale sarà sempre condizionata e assolutamente incompleta: proprio come desidera qualcuno! Ecco perché se leggiamo e/o ascoltiamo certi “esperti” (giornalisti, piuttosto che politici, piuttosto che economisti), recepiremo sempre e solo la parte comoda al Sistema: quella scomoda viene tenuta nascosta, oppure attaccata e messa alla gogna.

Noi, secondo l’illustre penna del Corriere faremo parte dei “predicatori di odio”, che “Lo Stato ci ha legittimati”(?). E questo perché nella triste vicenda tra Israele e Libano abbiamo avuto la malsana idea di schierarci dalla parte opposta di Tsahal, l’esercito di Sion!
Forse ad Allam sfugge cosa riporta la Carta di Norimberga, e questo è molto strano e grave per il vicedirettore di un quotidiano così importante e prestigioso come Il Corriere della Sera.
Visto tale dimenticanza, gli rinfresco io la memoria:

– Articolo 6a sui “crimini contro la pace”: «aver pianificato, preparato iniziato o dichiarato una guerra di aggressione, o una guerra in violazione dei trattati internazionali».
– Articolo 6b sui “crimini di guerra”: «saccheggio di proprietà pubbliche o private, la distruzione immotivata di città, cittadine o villaggi, la devastazione non giustificata da necessità militare»
– Articolo 6c sui crimini contro l’umanità: «omicide,… e altre azioni inumane commesse contro qualsiasi popolazione civile, prima o durante la guerra…»

Quindi non siamo noi, caro Allam, a “predicare l’odio”, se affermiamo che l’esercito di Israele e i generali che lo comandano hanno violato in Libano questi tre articoli della Carta di Norimberga: sono i fatti e la storia che tristemente lo confermano, e lei da “esperto” mediorientale non può non saperlo! E se lo sa e tace partecipa indirettamente ai crimini.

A testimoniare sono i cadaveri di migliaia di persone civili, di cui la maggior parte donne e bambini, morte sotto i missili intelligenti (con tanto di dedica dei bambini israeliani, vedi articolo), sotto le bombe a frammentazione, sotto le migliaia di abitazioni distrutte dai caccia o dalle navi (articolo 6c della Carta di Norimberga: “Crimini contro l’umanità”)!

A testimoniare è la distruzione sistematica e mirata di ponti, strade, viadotti, centrali elettriche, aeroporti, basi navali (articolo 6b della Carta di Norimberga: “Crimini di guerra”)
E per quanto riguarda l’articolo 6a (“Crimini contro la Pace ”), quello sulla pianificazione della guerra, le faccio presente che un suo collega statunitense (un vero giornalista!) Seymour Hersh ha scritto sul The New Yorker che l’attacco di Israele al Libano era stato pianificato da tempo con il consenso dell’amministrazione Bush!
Questo lo sapeva? Era programmato da tempo, per cui la scusante mediatica del rapimento dei soldati perde di significato, come pure i razzi sparati dagli Hezbollah in Galilea.

Magdi Allam, lei che difende in ogni occasione e a spada tratta l’opera di Israele e del suo esercito, le chiedo se assassinare migliaia di libanesi inermi, tra cui centinaia di bambini, e devastare un paese sovrano con la scusante del rapimento di due soldati (prima fasulla motivazione dell’intervento) o di missili lanciati dagli Hezbollah (seconda fasulla motivazione dell’intervento, dopo che la prima aveva perduto di efficacia) va bene quando si tratta di Israele e non va bene quando a farlo è un altro paese o gruppo armato, magari musulmano? Mi sono limitato al Libano, ma potrei porle le stesse domande sui crimini contro l’umanità commessi nella Striscia di Gaza.

Qual è il suo metro di misura per il terrore e/o terrorismo? Ce lo vuole spiegare una volta per tutte? Molte persone in Italia, che leggono i suoi editoriali o la sentono parlare al tiggì, se lo stanno chiedendo. Se un missile lo lancia Hamas piuttosto che l’Hezbollah e colpisce a morte persone civili è terrorismo spietato (e lo è assolutamente!), ma se lo stesso missile che colpisce persone civili a morte viene lanciato da Israele, si tratta di “legittima difesa”? Forse per lei vi sono morti di serie A e morti di serie B? O paesi si seria A e paesi di serie B?

Ogni guerra, ogni atto di terrorismo, ogni missile e/o bomba è sempre un atto contro la vita per cui è SEMPRE un CRIMINE CONTRO L’UMANITA’, sia che venga perpetrato da un gruppo armato, un gruppo terrorista, sia da un paese civile e democratico o presunto tale come gli Stati Uniti o Israele!
Quindi criticare l’Heretz Israel oggi non è un atto di antisemitismo – come qualche furbetto vorrebbe far credere – e neppure “predicare l’odio” come insiste lei, ma atto dovuto e soprattutto un dovere morale nei confronti della Verità!

E visto che stiamo parlando di odio, mi auguro che l’U.C.O.I.I., l’Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia, denunci Magdi Allam e il direttore Paolo Mieli per “calunnia e odio razziale” in base alla Legge Mancino sulle discriminazioni (nr. 205/93).
Allam infatti paragona, nel suo editoriale, l’unione delle organizzazioni islamiche a gruppi terroristici come Hamas e i Fratelli Musulmani! «Per verificare – scrive l’egiziano moderato – la realtà dell’ideologia dell’odio, della violenza e della morte che anima l’Ucoii, al pari di Hamas e dei Fratelli Musulmani…» (Il Corriere della Sera, pagina 11, 20 agosto 2006)
Paragonare pubblicamente l’Unione delle organizzazioni islamiche italiane a gruppi armati come Hamas non è fomentare l’odio e lo scontro di civiltà? Certo che sì!

Articoli del genere, che associano volutamente islam e terrorismo, moschee e centrali operative, non fanno altro che aizzare la popolazione contro il musulmano ed innalzare sempre più il pericoloso muro del sospetto:
– ogni musulmano potrebbe infatti essere un kamikaze pronto per farsi saltare in aria…
– ogni moschea la sede operativa di qualche cellula impazzita di al-Qaeda…
– ogni mullah potrebbe diventare il sostituto di bin Laden…

Concludo augurandomi che in Italia vi siano dei magistrati coraggiosi e onesti intellettualmente che prendano provvedimenti contro certi figuri che mascherandosi da paladini dell’informazione perseguono invece occulti e ben più loschi scopi…

«Quando l’ipocrisia comincia a essere di qualità scadente, è ora di cominciare a dire la verità»
Bertold Brecht


Ma tutto questo Magdi non lo sa…

agosto 28, 2006

di Carlo Bertani
Magdi Allam
Il ciarlatano di ieri è il professore di domani
Sir Arthur Conan Doyle, L’imbuto di cuoio.

Colpa dei fascisti. No, non sono i nostalgici del Duce e di Salò, non c’entrano niente con pugnali e gagliardetti: sono i nuovi “fascisti”, ossia coloro che fanno d’ogni erba un fascio. Così ti svegli una sonnacchiosa mattina d’agosto e scopri che ti hanno sbattuto in prima pagina sul “Corriere della Sera”, a firma – niente di meno che – del vicedirettore, sahib Magdi Allam.
Quando questa gente ti riserva un simile onore non lo fa per un civile dibattito – digni non sumus – ma per la semplice necessità di sbattere sempre il mostro in prima pagina: è una regola del giornalismo, anche Magdi si è imparato.

Questa volta – ad essere finiti nel “fascio” – sono stati l’UCOII (Unione delle COmunità Islamiche Italiane) ed il sottoscritto, reo d’aver affermato che Israele ha operato (e se non c’era Hezbollah lo avrebbe fatto ancor meglio) la pulizia etnica in Libano.
L’UCOII – per coloro che ancora non lo sapessero – il 20 agosto ha acquistato degli spazi su alcuni quotidiani nazionali (fra i quali proprio il Quotidiano Nazionale) dove ha accusato Israele di praticare il genocidio contro le popolazioni arabe come lo fecero i nazisti. Noi non siamo “fascisti” – caro Magdi – e delle affermazioni dell’UCOII risponderà l’UCOII stessa, mentre il sottoscritto non teme di rispondere delle proprie, ed ovunque lo ha sempre fatto firmandosi con nome e cognome, senza mai usare un nickname.

Sul fatto che Israele abbia praticato la pulizia etnica in Libano c’è così poco da dire che non merita nemmeno di spenderci troppo tempo: ha forse bombardato indiscriminatamente Beirut? No, le bombe israeliane sono diligentemente cadute solo sui quartieri di Beirut sud – quelli abitati dagli sciiti – e poi nella parte meridionale del Libano e lungo la Bekaa : tutti posti dove vivono gli sciiti libanesi.
Oddio, qualche ordigno è caduto anche altrove – anche il miglior bombardamento “chirurgico” ha le sue pecche – ma basta osservare una foto satellitare di Beirut, prima e dopo la “cura” israeliana, per rendersi conto che la parte sud della città è stata rasa al suolo. D’altro canto, si sa che sono sempre i terroni a pagarla più cara.

Io non so se tu – caro Magdi – consulti qualche volta un dizionario della lingua italiana – non s’addice certo al vicedirettore di un grande giornale – ma forse (anche di nascosto, per carità…) faresti meglio a sfogliarlo.
La locuzione “pulizia etnica” viene comunemente usata per definire il tentativo di colpire – in un’area multietnica – una sola etnia. Punto e basta.
Non è mica una novità, sai? Noi europei abbiamo grande esperienza di “pulizie etniche” – vivaddio, ne siamo maestri – abbiamo iniziato con i valdesi, gli Ugonotti, gli ebrei…recentemente abbiamo continuato con gli albanesi, i serbi, i musulmani di Bosnia…hai mai sentito parlare di Jugoslavia?

Sappiamo riconoscere quando si attua la pulizia etnica: cambiano i mezzi – ogni cielo ha le sue regole – e c’è chi preferisce “ripulire” con i machete (Utu e Tutsi) e chi con la bombe da 1.000 Kg sganciate sulle abitazioni, come a Gaza ed a Beirut.
Come dici? Si tratta pur sempre di misure attuate “contro il terrorismo”? Accidenti, Magdi, ma allora cerchi di fare il furbo…dai, ammettilo…
Non lo sai che una bomba da 1.000 Kg come quelle usate a Gaza sbriciola – e, ripeto, letteralmente sbriciola – un’area corrispondente all’incirca ad un campo di calcio? Scusa sai, ma noi europei le conosciamo bene quelle bombe perché quando cadevano distruggevano interi isolati, quartieri: guarda Milano, passeggia e scopri dove sono cadute le bombe, osserva la differenza fra le vecchie case ottocentesche e quelle costruite dopo la guerra. Guarda e impara, puoi fare un po’ di jogging ed unire l’utile al dilettevole.

Nel momento stesso che si sgancia un simile ordigno su di un’area abitata (sia essa Gaza, Beirut o Milano) non si distingue più un obiettivo preciso – che so io, un ponte od un deposito d’armi – ma s’intende colpire un’area, e con essa quelli che vivono in quella determinata area. E che cosa è, questa, se non pulizia etnica? Non saprei proprio come chiamala altrimenti: prova tu – caro Magdi – vedi un po’ se nel tuo dizionario egiziano-italiano trovi qualcosa di meglio, io di più non riesco a scovare.
Lascia che ti dica però una cosa: Magdi, un po’ mi hai deluso, devo ammetterlo. Osservando l’arguzia che traspare dal tuo viso levantino, speravo che tu ci rendessi edotti sui retroscena che agitano il Vicino Oriente, l’Egitto, l’Arabia Felix, invece – man mano che passa il tempo – mi sembra di sentir aleggiare nelle tue parole lo spirito di Renato Farina (anche lui vicedirettore, di Libero) che però non mi ricorda molto l’acume di Sinuhe l’egiziano. Scusami, stavo anch’io facendo d’ogni erba un fascio, ed essere associati nello stesso fascio con Renato Farina non è un grande onore, al massimo s’ottiene una ramazza, di quelle utili per pulire le stalle.

Qualche miglioramento però c’è: forza Magdi, che sei sul cinque e mezzo, un piccolo sforzo e ce la puoi ancora fare. Sono mesi che dalle invereconde pagine del Web parlo di Fratellanza Musulmana e finalmente vedo che anche tu l’hai citata come pietra dello scandalo, la madre di tutte le nequizie. L’analisi è un po’ carente, ma siamo sulla buona strada: cinque e mezzo, appunto.
Quello che non ti consente di raggiungere la sufficienza è che non ci hai raccontato niente di cosa veramente è ed è stata la Fratellanza Musulmana. Io l’ho fatto anni fa in “Al-Qaeda: chi è, da dove viene e dove va” ed il libro era così schifoso che Franco di Mare (conosci?) lo ha usato per intessere un “esclusivo” servizio del TG1, senza ovviamente citare la fonte. Ho le registrazioni e la comparazione con il testo, mica balle. Come dici? Le vie legali? Mettersi in lite con mamma RAI, in Italia, è come chiedere agli americani cosa successe ad Ustica: suvvia, siamo seri.

Ancora oggi mi chiedo perché una sera qualunque – mentre ti trastullavi alla corte del Vespone – non ci hai parlato di Hassan Al Banna. Forse ne valeva la pena di ricordare questo dimenticato insegnante di Ismailija che – nel 1928 – si pose il problema di come conciliare la modernità che avanzava con la tradizione islamica, con le Sure del Corano. Se solo tu lo avessi fatto il “sei” era assicurato, certo, ma non lo hai fatto…sarebbe stato così facile per te, egiziano…
Entrambi sappiamo che il grande problema che oggi chiamiamo “terrorismo islamico” o quant’altro ha proprio lì le sue radici, ma bisogna dirlo se si vuole la sufficienza, mica gettare lì due parole “Fratellanza Musulmana” e poi svicolare via con la solita filippica sul terrorismo. Eh no, così non va: guarda che, se continui così, il debito formativo – a settembre – non te lo leva nessuno. Vedrò di farlo ancora una volta io per te ma ti avverto: è l’ultima eh? Poi scrivo il voto sul registro.

Nel 1928, gli arabi avevano ancora il sederino dolente: sì, bruciava ancora un po’ perché erano trascorsi solo otto anni dal Trattato di Sèvres (se lo nominavi, mezzo punto in più).
Cosa c’era scritto in quel trattato? Semplicemente che – crollato l’Impero Ottomano – la Francia avrebbe regnato sulla Siria e sul Libano e la Gran Bretagna sulla Palestina, sull’Iraq e sulla penisola arabica (eccettuato l’Higiaz, la regione dove sorgono La Mecca e Medina).
Il sederino bruciava perché – per liberarsi del giogo turco – agli arabi era stato promesso che, se combattevano a fianco degli inglesi, avrebbero ricevuto in cambio la completa libertà dalle dominazioni coloniali. Eh, caro ragazzo, lo so che fu una bella fregatura, ma Pinocchio l’abbiamo scritto noi, mica gli arabi!

Chi recitò la parte di Mangiafuoco nella vicenda?
L’inconsapevole Mangiafuoco – tenero britannico, ammantato dall’etere efebico che solo gli inglesi “cockney” sanno esprimere – fu il “colonnello” Lawrence, ma anche qui si continua con Collodi perché di militaresco Lawrence non aveva un accidente, era un’altra “bufala”.
Thomas Edward Lawrence – detto “Lawrence d’Arabia” – era un archeologo che aveva viaggiato parecchio in Oriente e che conosceva bene gli arabi. Conosceva anche bene il suo mestiere, visto che si permise di lasciarci una traduzione dell’Odissea dal greco antico.

Quando scoppiò la Prima Guerra Mondiale, gli inglesi non avevano sufficienti truppe per combattere i turchi in quello scacchiere: il fronte europeo ingoiava intere generazioni. Bisognava trovare degli alleati, gente motivata e convinta per fare la guerra ai turchi; quel giovane archeologo di Oxford – che faceva parte dell’esclusiva Round Table britannica, insieme a lord Kitchener, allo scrittore H.G. Wells ed altri – cascava a fagiolo: divenne capitano per censo e poi, via via che aumentavano i suoi successi contro i turchi, salì la gerarchia militare. L’opera di Lawrence fu magistrale per le sorti della guerra, giacché seppe convincere gli arabi a combattere i turchi per conto di Sua Maestà britannica.
Al termine delle ostilità, Lawrence e le sue bande d’arabi comandati dallo sceriffo della Mecca Hussein – il bisnonno dell’attuale re giordano (perché non le racconti queste cose? Perché ti ostini a giocare la parte dell’ultimo della classe?) – avevano scacciato i turchi e conquistato Aqaba, sul Mar Rosso.

Vennero gli accordi di pace, e quando tacciono le armi s’inizia ad avvertire odor di fregatura: così dopo si può declamare ai quattro venti che qualcuno ha rotto gli accordi e scatenata una nuova guerra.
Al grande tavolo della pace di Versailles, Lawrence sedette per provocazione insieme alla delegazione araba, dopo aver rifiutato la carica di vicerè dell’India: l’idealista Lawrence s’era impegnato di persona a consegnare quelle terre agli arabi, ed il Trattato di Sèvres (che era nell’aria) non manteneva certo gli impegni che aveva preso nel Neghev con Hussein.
Prima di lasciare Lawrence al suo destino – che lo avrebbe condotto, per delusione, a lasciare l’esercito e ad arruolarsi come semplice aviere nella RAF, sotto falso nome, fino all’oscura morte sulla quale gli inglesi non hanno ancora sollevato il segreto di stato – citiamo soltanto alcune sue corrispondenze dall’Iraq del dopoguerra (anni Venti del ‘900):

«Il popolo inglese è stato portato in Mesopotamia in una trappola, dalla quale sarà assai difficile uscire con dignità e onore. Gli inglesi sono stati indotti ad andare da una costante mancanza di informazioni. I comunicati provenienti da Baghdad sono tardivi, fallaci e incompleti. Le cose sono andate molto peggio di come sono state riferite, e la nostra amministrazione è stata molto più sanguinaria e inetta di quanto l’opinione pubblica abbia appreso. Per il nostro primato di impero si tratta di una sventura che presto potrebbe diventare troppo incandescente perché sia possibile rimediarvi. Non siamo troppo lontani, ormai, dal disastro.»

Chissà se Rumsfeld ha letto quei giornali del 1920? Forse, fargliene avere una copia, non sarebbe male…

«Il nostro governo è peggiore del sistema turco di una volta. Loro mantennero 14.000 soldati di leva locali e mantenendo la pace uccisero una media annuale di duecento arabi. Noi abbiamo 90.000 uomini con aeroplani, carri armati, cannoniere, e treni blindati. Abbiamo ucciso circa 10.000 arabi nel corso dell’insurrezione di quest’estate. Non possiamo sperare di mantenere una simile media. Ci è stato detto che l’insurrezione ha motivazioni politiche, ma non ci è stato detto che cosa voglia la gente del posto. Forse quello che il governo ha promesso. Un ministro della camera dei Lord ha detto che dobbiamo avere così tanti soldati perché i locali non si arruoleranno.»

Non riusciamo a mantenere la media di 10.000 morti l’anno, maledizione, siamo peggio di Saddam…pardon, dei turchi…

«Di quanto l’assassinio di decine di migliaia di persone dei villaggi e delle città rallenta la produzione di grano, cotone e olio? Quanto a lungo lasceremo che milioni di sterline, migliaia di soldati dell’Impero e decine di migliaia di arabi siano sacrificati nel nome dell’amministrazione coloniale, che non favorirà nessun altro al di fuori dei suoi amministratori?»

Sostituire, nel testo, “grano, cotone ed olio” con “petrolio e gas” e si può ripubblicare il tutto.

«Nel frattempo le nostre sventurate truppe, indiane e inglesi, in avverse condizioni climatiche e di approvvigionamento pattugliano un territorio immenso, pagando quotidianamente un caro prezzo in termini di vite umane per la politica ostinatamente sbagliata dell’amministrazione civile di Baghdad.»

Qui non è necessario cambiare nemmeno una virgola, ed è quasi trascorso un secolo[1].
Spicchiamo un salto nel tempo e nello spazio e scendiamo ad Ismailija nel 1928, dove un povero insegnate dell’epoca – forse frustrato dalle indecenze di un qualche ministro dell’Istruzione che si chiamava Al-Moratt – chiuse i testi di grammatica e si mise a meditare: è possibile, per i musulmani, convivere con questo sfracello d’automobili, aerei e quant’altro che avanza?
La grande domanda senza risposta – la “madre di tutti i guai” – è qui: una civiltà che è rimasta pressoché statica per un millennio (l’eterno “Medio Evo” islamico) va in pezzi quando viene a contatto con il mondo occidentale. Il problema è che parliamo di un miliardo di persone, ed i “pezzi” sciabolano via ovunque.

Agli inizi, la Fratellanza Musulmana appoggiò il golpe degli “Ufficiali Liberi” che portò nel 1952 al potere Gamal Abdel Nasser e spodestò quel “re di coppe” che rispondeva al nome di Faruk. Un gran bel aiuto per il giovane Nasser, ma ben presto la “deriva” verso l’URSS dell’Egitto non convinse i Fratelli Musulmani, che cercavano una via originale alla modernità, mica una fotocopia strapazzata inviata da Mosca.
Nasser – come qualsiasi dittatore che si rispetti – si liberò allora dell’organizzazione con l’impresa di pulizie interna, ossia con la forca. Caddero così le migliori menti dell’organizzazione – Said Qubt, ad esempio – ed i resti della Fratellanza Musulmana sciamarono nel Vicino Oriente per sfuggire alle persecuzioni.

La genesi di tutti i movimenti transnazionali islamici – da Al-Qaeda alla Jiiad islamica, da Fatah ad Hamas – trovano una comune origine in quella lontana diaspora, anche se – successivamente – ciascuno scelse il suo “sponsor”, chi la Siria e chi l’Iraq, chi i sauditi e chi l’Iran.
Proviamo ad analizzare la vita del capo di Al-Qaeda. Chi? Bin Laden? Che ormai il capo di Al-Qaeda è l’egiziano Al-Zawahiri lo sanno anche i ranuncoli – soltanto Magdi Allam non lo sa – ma c’è da chiedersi se Magdi Allam sa cos’è un ranuncolo.
Casualmente, ma non troppo, il medico egiziano – membro della Fratellanza Musulmana dal 1967 – esce dalle galere di Mubarak nel 1984 (dopo l’assassinio di Sadat) e nel 1985 è già in Afghanistan, proprio quando la guerra contro i sovietici sta terminando. Cosa porta in dote Al-Zawahiri alle formazioni militari che hanno combattuto i blasfemi sovietici?

Al-Zawahiri è un esperto ideologo che sostiene la necessità – per il mondo musulmano – di superare le divisioni nazionali (sovrastrutture lasciate dai colonizzatori) con un’organizzazione la quale sia di sostegno per chiunque combatta gli occidentali nel pianeta: un network di servizio per il Jiad, una “base”.
Mentre Osama Bin Laden proviene dal fumoso mondo wahabita delle fatwe, dell’integralismo wahabi e delle ricchezze petrolifere, Al-Zawahiri è un politico pragmatico, cresciuto sulla sponda sud del Mediterraneo ed avvezzo ad una visione politica dell’Islam, meno ammantata di precetti rispetto a quella saudita.
In definitiva, siamo di fronte ad una serie di movimenti che non riconoscono i confini attuali, giacché tracciati con scarsa arguzia dai colonizzatori e si pongono l’obiettivo di sottrarre le popolazioni islamiche dalle dominazioni neocoloniali che gli occidentali perpetuano nei loro paesi grazie a governi compiacenti e corrotti.

Stare da una parte o dall’altra non serve a niente, perché questa non è una partita di calcio: qui occorre comprendere cosa è successo e cosa sta succedendo.
Perché, Magdi, non racconti che nel tuo “democratico” paese il Faraone Mubarak detto “l’Inossidabile” – giacché pilotava i Mig-25 – governa da anni con la legge marziale ed ha imprigionato 20.000 oppositori politici?
Rassicurati: qui puoi dirlo, perché in Italia vige ancora un po’ di libertà di stampa e – almeno sul Web – queste cose si possono dire. Capisco che non fa un gran effetto raccontarle ai lettori del “Corriere”, ma se continui così la sufficienza puoi sognartela.
Per quel che abbiamo combinato in un secolo di colonialismo – ed in un altro mezzo secolo di neocolonialismo “targato” compagnie petrolifere e Banca Mondiale – non abbiamo fornito ai musulmani molto materiale per amarci: siamo onesti, ammettiamolo.

Dalla rivolta del Mahdi soffocata con il sangue di 20.000 guerrieri sudanesi da lord Kitchener fino a Falluja, con il fosforo bianco e quant’altro, quante decine o centinaia di migliaia di musulmani abbiamo assassinato? Gli ultimi sono soltanto un migliaio di libanesi: oggi che la ferita è fresca appaiono molti, ma nella storia spariscono se raffrontati alla scia di sangue che abbiamo lasciato, dall’Algeria all’India.
Oggi, si dà il caso che questa quisquilia di territorio sia occupato da un miliardo di musulmani: la risposta che dobbiamo dare (e darci) è se convenga continuare con una “guerra infinita” oppure cercare degli accordi di convivenza.
Viviamo sulle sponde del medesimo mare: non abbiamo scelta – sin dai tempi dell’Impero Romano – e dobbiamo convivere oggi come dovranno farlo le prossime generazioni.

Oggi è il petrolio, ma domani sarà il sole, perché la pia illusione europea d’essere autosufficienti dal punto di vista energetico è una fiaba: il sole che “conta” – ossia la radiazione pressoché costante tutto l’anno – la troviamo solo nelle fascia compresa fra i due Tropici.
Invece cosa facciamo? Invadiamo l’Iraq per cacciare un dittatore/presidente non molto diverso dal Faraone egiziano o dal generale pakistano, e dopo alcuni anni gli iracheni si ritrovano a dover pronunciare il classico “si stava meglio quando si stava peggio”. Prima, dovevano stare attenti a non infastidire le “orecchie” del regime, oggi devono scansare ogni giorno l’autobomba quotidiana, il cecchino sunnita od il poliziotto sciita, la raffica americana o lo scoppio di una bomba al passaggio di un convoglio. Bel gioco dell’Oca quotidiano è toccato in sorte agli iracheni: getti i dadi ogni mattina soltanto per sopravvivere.

Ah, già: dobbiamo portare in quelle terre la libertà e la democrazia.
Ti confesso che non mi piace l’integralismo islamico, non mi va di non poter bere una birra a Ryad – e di dover andarla a bere in Qatar, come fanno gli stessi sauditi – e fra una donna in burka ed una in bikini preferisco quella in bikini, ma non per questo ritengo che tutti debbano bere birra e vestire il bikini.
In buona sostanza, il vecchio Illuminismo è sempre una buona ricetta per garantire le proprie e le altrui libertà, a patto di mantenersi all’interno di quel relativismo culturale che Ratzinger – non ancora papa – già si prefiggeva di combattere.

Il problema è che non si può porre fine al cosiddetto “Medio Evo islamico” a suon di bombe: se il tuo barista ha l’abitudine di non consegnarti lo scontrino fiscale, prova a pretenderlo riempiendolo di martellate. Prova, poi mi racconti com’è andata a finire.
L’unica via è appoggiare i tentativi di sintesi fra la cultura islamica ed i modelli sociali che cercano di superare i vari Faraoni & Saladini, là dove se ne scorgono i segni.
Gli “alleati” di Washington sono i sauditi che non hanno nemmeno un Parlamento ed i pakistani che hanno perso il conto dei golpe militari: all’opposto, i “nemici” sono il Libano (l’unica nazione a possedere delle strutture democratiche di stampo occidentale!), la Siria – che non è molto diversa dal tuo “democratico” Egitto – e l’Iran, ossia una nazione che tenta di conciliare Stato e Chiesa, ciò che in Occidente – nei secoli scorsi – ha fatto scorrere fiumi di sangue. Attenzione: non sto sostenendo che l’Iran sia un fulgore di democrazia ma che almeno – a loro modo – ci stanno provando, mentre a Ryad devono ancora aprire l’abbecedario.

Dovremmo anche sostenere le nazioni multietniche – come l’Iraq ed il Libano – ed invece le sotterriamo con le bombe: ma che cosa ci possiamo ragionevolmente attendere in cambio?
Da ultimo, il fulgore israeliano, la loro indiscussa superiorità sugli arabi.
Facciamo notare che – ad una settimana dal termine delle ostilità – non ci sono stati lanci di razzi e nessuna violazione della tregua da parte di Hezbollah, mentre Israele ha continuato a sparare sui miliziani, fino a compiere un’azione di commando nella valle della Bekaa. Se lo avessero fatto gli Hezbollah, cos’avresti scritto? Perché, invece, nessuno condanna le violazioni israeliane?
A Tel Aviv hanno un curioso concetto della guerra e della pace: noi possiamo intervenire in Libano quando vogliamo per “preservare” la democrazia libanese, ma se ci sparano addosso sono dei terroristi. La risoluzione 1701 deve provvedere a disarmare completamente Hezbollah, così la prossima volta torniamo a fracassare tutto (come nel 1982 e nel 2006) senza che nessuno ci graffi la vernice dei Merkawa. Ti ricordo che Hezbollah è un movimento politico che ha anche una milizia, che l’UE non considera una formazione terrorista, e mi sembra che tu – pur extracomunitario – viva in Europa. Se ti chiami fuori dalle scelte europee in politica estera fallo: io non ho remore a farlo quando lo ritengo necessario.

Di questo passo, Israele mette veramente a repentaglio la vita dei suoi cittadini: perché non accetta una pace con gli arabi basata sulla risoluzione 242 – che Tel Aviv non ha mai rispettato – cede i territori ai palestinesi e si chiude la vicenda?
L’Arabia Saudita – nel 2002 – fece la proposta a nome della Lega Araba: perché Israele non accettò?
Se non sai la risposta non fa nulla, mi assumerò ancora una volta l’ingrato compito di rispondere io per te, ma la sufficienza – a questo punto – te la puoi proprio scordare.
Perché da anni – in Israele – confondono il diritto internazionale con la legge talmudica, ossia quella che assegna allo stato ebraico i territori “dal deserto al Libano, dal Mediterraneo all’Eufrate”[2].

Ora, gli israeliani sono liberi di credere in ciò che vogliono, ma non possono lamentarsi se gli altri non sono d’accordo, e mi sembra che Hezbollah abbia dato loro un sonoro avvertimento: sta a loro decidere se continuare nella follia del Eretz Israel oppure trovare un accordo soddisfacente con gli arabi. Direi che è “buona” la seconda.
Purtroppo, così non sembra, a giudicare dal tenore delle e-mail che giungono da server israeliani al sottoscritto. Ho deciso di renderne pubblica una affinché i lettori – ed anche tu, Magdi – possano rendersi conto della grande educazione che regna da quelle parti:

Si dovrebbe vergognare, lei , solo di pronunciare la parola “Pulizia Etnica”.

I suoi simili, con l’odio per cio’ che è diverso da loro sono coloro i quali hanno condotto pulizie etniche Lei non è diverso da un SS, con le sue frasi che traboccano un impressionante odio antisemita! Lei non sa cosa è stata la SHOA e le persecuzioni razziali.

Il suo articolo è delirante! Affermare che Israele ha condotto una pulizia etnica in libano vuol dire affermare il falso, scientemente. Lei per suo fortuna, non sa neanche cosa voglia dire vivere nel terrore che i propri figli possano non far ritorno a casa perché qualcuno ha deciso di far saltare in aria il loro autobus, lei non sa neanche cosa voglia dire doversi nascondere dai missili, dopo che il proprio paese è stato aggredito e due dei suoi soldati rapiti.

Con questa lettera non intendo assolutamente far cambiare idea ad un essere spregevole come lei ma semplicemente ricordarle che nella storia dell’umanità in tanti hanno provato ad annientare il popolo ebraico e nessuno vi è mai riuscito, sono tutti scomparsi o morti prima! Amalech, gli egiziani, i papi, i mussulmani, l’inquisizione, hitler.

Continuare a proteggere quella parte dell’islam che ha intrapreso una guerra contro IL NOSTRO MONDO DEMOCRATICO E LIBERO è semplicemente una manifestazione della sua pochezza e poca intelligenza.

Le auguro di provare sulla sua pelle molto presto cosa voglia dire perdere un proprio caro in un attentato terroristico che verrà compiuto non dagli Israeliani da lei tanto odiati bensì da un integralista islamico…..ma probabilmente anche in quel caso accuserebbe il popolo ebraico della sua disgrazia.

Mario Rossi

Il brano è allo stesso tempo minaccioso e venato da un’ombra di terrore: non si spande violenza in questo modo quando si è tranquilli e non si teme nulla; io non insulto mai, al massimo prendo in giro nei canoni concessi dal lessico.
Io non ho mai negato la Shoà , non ho mai affermato che Israele debba scomparire, non ho mai augurato a nessuno disgrazie e chi legge i miei articoli mi è testimone: il mio desiderio sarebbe quello che non esistessero più né attentati né bombardamenti, né occupazioni militari né razzi, ed il modo per riuscirci c’è, basterebbe volerlo. Solo, ritengo che per arrivarci servano il dialogo e non le bombe.

Questo è invece il modo di rapportarsi di coloro che sostengono la “guerra infinita”, un’evidente accozzaglia d’ignoranza distillata, i quali giungono ad affermare che non esistono più “i papi, i musulmani e gli egiziani” (?). Magdi, stai “in campana”.
A ben vedere, questi violenti non si distinguono soltanto per le bombe: anche con le minacce ci vanno giù pesante, e mi torna alla mente che quando Rabin divenne scomodo “qualcuno” lo fece fuori, e mica si trattava di un arabo. Meno male che non sto dalla parte dei “bombaroli”, perché non vorrei vivere un solo secondo con la mente offuscata del signor “Mario Rossi”. Ah, Magdi, è per caso un tuo conoscente?

Carlo Bertani bertani137@libero.it www.carlobertani.it


[1] I brani di T.E. Lawrence sono stati tradotti da Anna Bissanti.[2] Deuteronomio, cap. 11, Conclusioni


Sistema monetario: il grande parassita!

agosto 28, 2006


Si ringrazia www.monetalbum.splinder.com 

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AFIMO, Abbacco FIlosofico della MOneta
http://digilander.libero.it/afimo/sinarchia01.htm
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Dal 1500 ad oggi le istituzioni sociali, economiche e politiche del mondo hanno subito un sovvertimento totale. Le tappe fondamentali di tale sovvertimento sono state: la rivoluzione protestante, la rivoluzione inglese, la rivoluzione americana, la rivoluzione francese, la rivoluzione russa, la 1ª e la 2ª guerra mondiale, e il patto di Yalta.
Oggi “viviamo in una delle più decisive epoche della storia e nessuno se ne rende conto, nessuno lo comprende… La rivoluzione mondiale avanza inarrestabile verso i suoi ultimi risultati… Chi predica la sua fine o crede addirittura di averla sconfitta non l’ha compresa… La lotta si combatte anche nell’interiorità del singolo uomo, sebbene egli non lo sappia affatto. Per questo così pochi giungono a vedere chiaramente da quale parte essi veramente si trovano”; sono parole di Oswald Spengler(1), l’insigne studioso dei cicli storici. Esse esprimono esattamente la tragedia dell’uomo contemporaneo, convinto di essere libero, ed arbitro del proprio destino, senza avvedersi del grande parassita, che tende reti di sfruttamento e di dominio sull’umanità intera.

In verità, di questo parassita non si parla in alcun libro. Nessun giornale, nessuna radio, nessuna televisione lo menziona mai. La gente di ogni parte della terra, nella sua compatta generalità, ne ignora l’esistenza. Eppure esiste. E celato nell’ombra, occultamente trae la sua linfa vitale dal sudore, dalle fatiche, e dalle sofferenze dell’umanità intera.
Fuori di metafora, il grande parassita dell’umanità è il potere economico mondiale. Il potere economico mondiale è il padrone del Mondo.
Autorizzato ad emettere moneta, e a controllare il sistema monetario di un paese, non mi preoccupo di certo di chi fa le leggi!“, era solito affermare Mayer Amschel Rothschild, iniziatore nel XVIII secolo della maggiore dinastia di banchieri mai apparsa fra gli uomini.
Sulla medesima falsariga concettuale si esprimeva William Paterson, fondatore nel 1694 della Banca d’Inghilterra: ” La Banca guadagna grazie agli interessi maturati su denaro creato dal nulla“.

Ecco, queste due frasi, accuratamente omesse dalle pagine di tutti i libri “ufficiali” di storia oggi esistenti, sono già in grado, pure nella loro estrema concisione e stringatezza, di dare bene il senso della trama d’inganni, nella quale il grande parassita avviluppa il mondo intero, grazie ad un abilissimo e paziente lavoro di sovvertimento del modo di pensare e di vivere degli esseri umani(2), giornalmente condotto innanzi negli ultimi cinque secoli con un coerente processo rivoluzionario, iniziatosi con la pubblicazione delle 95 tesi di Lutero e giunto alla sua fase più avanzata e significativa con la “spartizione del mondo” orchestrata da Roosevelt e da Stalin.
Occorre a questo punto precisare, per una esigenza di chiarezza propedeutica nell’esposizione, che il potere economico mondiale non è un soggetto indeterminabile e quindi generico. È reale e concreto.

Il potere economico mondiale è costituito dai manipolatori di capitali, ossia dai grandi speculatori internazionali, i quali formano tutti insieme l’usurocrazia mondiale, vale a dire la tirannia dell’usura su tutti i popoli del mondo.
Il potere economico mondiale agisce prevalentemente per mezzo delle società anonime di capitali.
Queste ultime sono strumenti per dare vita alle banche ed alle multinazionali di produzione e di commercio, che sono le strutture operative nelle quali si sostanzia l’impero mondiale del capitale.
È attraverso di esse, infatti, che il potere economico mondiale si procaccia parassitariamente le ricchezze, sfruttando il lavoro e l’ingegnosità altrui.

Nell’opinione pubblica è generalizzato l’equivoco che le strutture anzidette operino soltanto in quella parte del mondo oggi organizzata secondo gli schemi economico-politico-sociali del liberalcapitalismo.
Ciò non è assolutamente vero. Le medesime strutture di dominio sono compiutamente operanti anche nella restante parte del mondo, ossia in quella attualmente di pertinenza del socialcomunismo.
Il libro intitolato “Vodka-Cola”, di Charles Levinson
(3), è una buona fonte d’informazioni al riguardo. In particolare, esso documenta: 

a) che le principali banche dell’area liberalcapitalista, prime fra tutte quelle targate Morgan(4) e Rockefeller, hanno proprie filiali nei paesi socialcomunisti, e che le banche dell’area socialcomunista hanno anch’esse filiali proprie nei paesi liberalcapitalisti;

b) che i governi del sistema socialcomunista affittano i loro lavoratori, a basso salario e senza diritto di sciopero, alle multinazionali del sistema liberalcapitalista;

c) che l’economia liberalcapitalista sorregge quella socialcomunista con un flusso continuo di credito agevolato.

Un dossier pubblicato dal periodico OP Nuovo nel maggio 1982 ha reso noto inoltre che la Gosbank , cioè la banca centrale sovietica, è una società per azioni, con partecipazione di capitali privati stranieri. Luigi d’Amato, docente universitario e giornalista, scriveva sul “Giornale d’Italia” del 21 giugno 1982: “La storia del grande capitale finanziario è quella di un potere demoniaco; essa gronda sangue”. Questa frase lapidaria condensa molto bene i tre millenni di storia che è necessario prendere in considerazione, qualora si voglia avere una visione chiara, inclusiva di ogni nesso causale, circa l’origine e l’evoluzione del sistema di potere dei manipolatori di capitali. Insegna infatti Giacinto Auriti(5) che la radice originaria del lunghissimo processo storico, che in epoca moderna ha condotto all’avvento tra i popoli dell’usurocrazia mondiale, è situata appunto tre millenni addietro nel tempo; per l’esattezza, al 1250 a .C., momento presunto dell’esodo degli ebrei dall’Egitto.

Note
(1) O. Spengier, “Anni decisivi”, Edizioni del Borghese, Milano 1973.
(2) A. Bonatesta, “Il sovvertimento intellettuale come premessa delle rivoluzioni politiche del mondo moderno”, in “L’uomo libero” n°9 del gennaio 1982, Milano.
(3) C. Levinson, “Vodka-Cola”, Ed. Vallecchi, Firenze 1978.
(4) MORGAN GUARANTY TRUST, è il nome della famosa banca dell’oppio: agli inizi del diciottesimo secolo, i Morgan divennero i principali banchieri per tutte le famiglie di mercanti di Boston, e con la mediazione della First National Bank of Boston, si impadronirono di una discreta fetta del traffico dell’oppio con l’Estremo Oriente, coprendo l’operazione col mettere a disposizione la maggior parte dei fondi per l’università di Harvard. Ma le loro operazioni in Estremo Oriente servivano agli inglesi come canale ufficiale per i traffici d’oppio. Le famiglie dell’oppio del secolo scorso sono infatti le stesse che siedono nei consigli di amministrazione delle grandi centrali finanziarie di oggi. “La polizia ed il governo federale americani dovrebbero investigare attentamente sul caso dei Morgan per la stretta associazione esistente tra la banca Morgan Guaranty Trust e quella che è stata identificata come la direzione delle banche inglesi coinvolte nel traffico della droga” (Kalimtgis – Goldman – Seunberg, “Droga S.p.A. La guerra dell’oppio”, Ed. Logos, Roma, 1980). Polizia e governo italiani dovrebbero anch’essi allora investigare attentamente sull’attività di Ciampi in merito ai suoi rapporti con la Morgan Guaranty Trust: “Gazzetta Ufficiale n. 284 del 04 -12-1998: […] Art. 4: Alla Morgan Guaranty Trust Company of New York, in qualita’ di Fiscal Agent, cosi’ come previsto dagli accordi, in premessa menzionati, e’ affidata l’esecuzione delle operazioni relative all’annullamento dei certificati rappresentativi dei titoli spettanti agli aventi diritto, di cui all’art. 4 del citato decreto del 10 aprile 1995. Di dette operazioni il Fiscal Agent dara’ comunicazione al Tesoro, entro e non oltre la prevista data di rimborso, e provvedera’ alla restituzione dei predetti titoli e cedole, debitamente annullati. Il presente decreto sara’ trasmesso all’ufficio centrale di ragioneria per i servizi del debito pubblico e sara’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 25 novembre 1998. Il Ministro: Ciampi” (cfr. http://gazzette.comune.jesi.an.it/284/8.htm).
(5) G. Auriti, “L ‘ordinamento internazionale del sistema monetario, Ed. Solfanelli, Chieti, 1981.

Fonte : www.disinformazione.it


I giochi di guerra di Russia e Iran

agosto 28, 2006

Tratto da Etleboro Italia http://etleboro.blogspot.com

L’approvazione della risoluzione delle nazioni unite nei confronti dell’Iran ha in qualche modo segnato l’evoluzione di questo conflitto tra Israele e Libano. Al 31 agosto l’Iran dovrà rispondere delle decisioni prese sul suo programma nucleare, e non dà alcun segnale di cedimento. Ha dato il via alla realizzazione degli impianti per la produzione dell’acqua pesante e preme per la ritrattazione della risoluzione giudicata troppo penalizzante, mentre dà prova del suo arsenale militare con le esibizioni televisive delle sue esercitazioni.

Hanno dato inizio ai giochi di guerra, provano i loro missili e fanno degli esercitazioni militari a poca distanza dal fronte americano degli Emirati Arabi, del Kuwait e dell’Arabia Saudita: si stanno preparando per rispondere in maniera forte e decisa ad un attacco israeliano. Le televisioni arabe stanno trasmettendo in questi giorni gli esercizi di difesa in tutta l’Asia centrale nel caso di un attacco chimico, biologico e nucleare per perfezionare la strategia di prevenzione del nemico. Stanno operando nelle aree di confine del sud della provincia, in maniera simultanea in circa 10 province con la partecipazione dei combattenti dall’esercito iraniano.

Stanno sperimentando e collaudando armi nuove e moderne, e, combattendo contro un nemico immaginario, inscenano una vera e propria guerra elettronica, per disarmare i radar e le telecomunicazioni del nemico. Il loro obiettivo sarà sicuramente quello di colpire le basi americane presenti in Arabia, le istallazioni petrolifere, le pipeline del gas e del petrolio per creare un embargo mondiale di petrolio e gas. L’Iran in questo momento ha il potere di bloccare le esportazioni delle multinazionali petrolifere in Arabia e nel Golfo, sacrificando con grandi perdite umane l’intera popolazione iraniana perché sono state già innescate gli ordigni nucleari, dopo che l’America ha preso il controllo delle centrali israeliane.

Il messaggio che si vuole dare è quello di unità e solidarietà presente tra alcuni paesi arabi, giocando d’azzardo per rispondere alla presenza militare degli Stati Uniti e alle sue ambizioni in Asia Centrale. Le esercitazioni iraniane sono contemporanee e simultanee rispetto a quelle di Kazakhstan, Kyrgyzstan, Tajikistan, Azerbayjan, Uzbekistan, e la Russia , che stanno coordinando le loro forze militari sotto il Trattato di Organizzazione di Sicurezza Collettiva (CSTO), al quale hanno aderito recentemente anche Armenia e Bielorussia.

La presa di posizione della Russia all’interno di questa coalizione è un’evidente risposta all’aumento delle pressioni sull’Iran, e difendere i suoi investimenti in Azerbaijan e Kazakstan, così per garantire una certa sicurezza alla conduttura di Baku-Tbilisi-Ceyhan, per poi compensare la sua minore presenza in Asia Centrale.

Anche se l’Iran non è un membro del CSTO, fa da osservatore nella Organizzazione di Cooperazione di Shangai (SCO) della quale la Cina è un membro, che ha una stretta relazione con il CSTO. La struttura di alleanze militari è fondamentale, perché segnalano che un attacco sull’Iran potrebbe condurre ad un conflitto militare molto più esteso. Mentre la Russia cerca l’alleanza con la Siria per creare un corridoio militare sulla costa del Mediterraneo orientale, Stati Uniti ed Israele creano degli accordi di cooperazione militare con Azerbaijan e Georgia.

Una volta chiusa la guerra al Vicino Oriente, potrebbe prodursi un fenomeno contrario ai progetti israeliani: il rigetto unanime verso i sionistici, per non sostenere la politica terroristica israeliana, e non apparire come gli alleati del colonialismo. Questo spingerà Israele a preparare un altro gioco di guerra, per rispondere all’indignazione crescente con i governi locali contro la barbarie sionistica. L’Argentina sarà un bersaglio privilegiato per una grande operazione mediatica, così come il Cile per via dell’importante comunità palestinese che vi risiede.

Anche in questo caso sarà l’America ad agire tramite Israele, perché il vero obiettivo è colpire gli Stati che si stanno adesso unendo per sconfiggere i Banchieri e le multinazionali con la nazionalizzazione del petrolio e riconquistare l’antico potere perso, seguendo così l’esempio della Russia. Stanno ora usando gli scontri tra Ebrei e Palestinesi per seguire un percorso strategico sulle linee del petrolio: se non possono controllarle con i dittatori fantoccio devono farlo con la guerra. Ammesso che vogliono avanzare in america latina, che è un continente a maggioranza cristiana e cattolica, useranno gli ebrei per farlo, come ha fatto il Barone Rothschild con Hitler.

Israele colpendo il Libano ha fatto in realtà un attacco preventivo: ha distrutto ponti, aeroporti, e autostrade, sono state incendiate le riserve petrolifere sulla costa, hanno affondato le petroliere e mandato in avaria nel centrali termoelettriche. È chiaro che è stato fatto un attacco premeditato, e dunque l’esercito Onu rischia una guerra mondiale per assecondare il piano Americano di prendere il controllo di tutta la regione Mediorientale una volta per tutte. Prendere l’Iran e appiccare diversi fuochi nella regione, significherà creare il panico completo e darà inizio ad una nuova storia, quella della balcanizzazione dell’Asia sotto il protettorato di Onu e America.

Ogni Stato al suo interno sta cercando dal suo canto di creare una propria grande società dell’Energia, cercando le fusioni interne tra le compagnie che già operano in un mercato oligopolistico: questo da una parte per difendersi dagli attacchi provenienti dall’estero e dall’altro per accentrare in un’unica grande struttura la produzione dell’Energia. L’intenzione c’è e anche gli strumenti, tuttavia manca l’approvazione della Commissione Europea che non sembra approvare questi accordi domestici, lesivi della parità di trattamento sul mercato comunitario.
L’obiettivo sicuramente è quello di consentire che il controllo sia molto più verticistico o che comunque sia ben controllato e coordinato dalle lobbies: sono loro che decidono il come e quando delle organizzazioni societarie.

Ma c’è di più. Ciò che stanno tentando di fare è qualcosa di molto più profondo e con ampie e durature prospettive. Le banche stanno infatti cercando di mettere le mani sulle società di telecomunicazioni, non solo per appropriarsi dei dati delle persone, ma anche perché i media avranno la trasmissione e la distribuzione dell’energia elettrica. Le frequenze sono le autostrade del futuro, mentre i ripetitori le nuove stazioni di servizio a cui attingere energia perpetua a pagamento. Da lì viaggeranno le nostre informazione e la nostra civiltà, noi pagheremo per il loro trasporto e il loro accesso: questo è il crimine invisibile. Quella dell’Iran è la guerra che a cui tutti devono credere, ma esistono guerre psicologiche invisibili, i nostri missili sono gli aumento della benzina, della spesa per il riscaldamento, per l’accesso ai mutui e ai finanziamenti. Nei giorni scorsi abbiamo assistito alla creazione del primo grande gruppo bancario italiano, per cui le condizioni contrattuali dei mutui, delle finanziarie e degli strumenti bancari e finanziari saranno sempre più standardizzati, lontani dalle esigenze del piccolo imprenditore.

Le macabre notizie di decapitazione a cui assistiamo sui nostri media, mostrano un aumento del crimine e snaturano anche la percezione del male e dei reati. Gli stessi crimini di guerra perdono di significato, perché le persone sono portate a dare più peso alle paure più vicine a loro: la guerra è una cosa talmente lontana dalle loro menti, così com’è lontana la notizia di una fusione bancaria.


L’America va fermata, perchè non è altro che una colonia dei Baroni Ladroni, non è una grande potenza ma semplicemente dei contractors, una cavia di esperimenti che ha trasformato un popolo senza storia in violenti, depravati, poveri, e stupidi se non hanno i soldi. Se il presidente iraniano grida di rieleggere bene la storia, vuol dire che sta mandando un monito, lo stesso che ci ha lasciano Weizmann quando disse che Israele sarà ebraica quando l’Inghilterra sarà degli Inglesi. Questo deve spiegarci la Regina d’Inghilterra, che per questo deve essere processata: lei siede su un trono fatto dal sangue dei popoli di secoli di storia